“Il tema della preghiera, in modo specifico di quella cristiana, la preghiera, cioè, che ci ha insegnato Gesù e che continua ad insegnarci la Chiesa”. A questo è dedicata, a partire da oggi, una nuova serie di catechesi, che Benedetto XVI tiene in occasione dell’Udienza generale del mercoledì, in piazza San Pietro.
“Nelle prossime catechesi – ha annunciato il Papa -, accostando la Sacra Scrittura, la grande tradizione dei Padri della Chiesa, dei maestri di spiritualità, della liturgia vogliamo imparare a vivere ancora più intensamente il nostro rapporto con il Signore, quasi una ‘Scuola della preghiera’”.
La preghiera, ha avvertito il Pontefice, “non va data per scontata: occorre imparare a pregare, quasi acquisendo sempre di nuovo quest’arte; anche coloro che sono molto avanzati nella vita spirituale sentono sempre il bisogno di mettersi alla scuola di Gesù per apprendere a pregare con autenticità. Riceviamo la prima lezione dal Signore attraverso il suo esempio. I Vangeli ci descrivono Gesù in dialogo intimo e costante con il Padre: è una comunione profonda di colui che è venuto nel mondo non per fare la sua volontà, ma quella del Padre che lo ha inviato per la salvezza dell’uomo”.
In questa prima catechesi il Santo Padre ha proposto esempi di preghiera nelle antiche culture, per rilevare come praticamente sempre e dappertutto si siano rivolti a Dio.
Benedetto XVI ha ricordato una preghiera di un uomo cieco nell’antico Egitto, che “attesta qualcosa di universalmente umano, qual è la pura e semplice preghiera di domanda da parte di chi si trova nella sofferenza”, come pure che “presso le religioni della Mesopotamia dominava un senso di colpa arcano e paralizzante, non privo, però, della speranza di riscatto e liberazione da parte di Dio”.
All’interno della religione pagana dell’antica Grecia le preghiere “si orientano progressivamente verso le richieste più disinteressate, che consentono all’uomo credente di approfondire il suo rapporto con Dio e di diventare migliore”. Anche nelle tragedie greche “sono contenute delle preghiere che esprimono il desiderio di conoscere Dio e di adorare la sua maestà”.
“Anche presso i Romani, che costituirono quel grande Impero in cui nacque e si diffuse in gran parte il Cristianesimo delle origini – ha rammentato il Papa -, la preghiera, anche se associata a una concezione utilitaristica e fondamentalmente legata alla richiesta della protezione divina sulla vita della comunità civile, si apre talvolta a invocazioni ammirevoli per il fervore della pietà personale, che si trasforma in lode e ringraziamento”. L’imperatore Marco Aurelio “afferma la necessità di pregare per stabilire una cooperazione fruttuosa tra azione divina e azione umana”.
La vita umana, ha sottolineato Benedetto XVI, “è un intreccio di bene e male, di sofferenza immeritata e di gioia e bellezza, che spontaneamente e irresistibilmente ci spinge a chiedere a Dio quella luce e quella forza interiori che ci soccorrano sulla terra e dischiudano una speranza che vada oltre i confini della morte”.
“Le religioni pagane – ha osservato il Papa - rimangono un’invocazione che dalla terra attende una parola dal Cielo”. “Negli esempi di preghiera delle varie culture, che abbiamo considerato – ha continuato -, possiamo vedere una testimonianza della dimensione religiosa e del desiderio di Dio iscritto nel cuore di ogni uomo, che ricevono compimento e piena espressione nell’Antico e nel Nuovo Testamento. La Rivelazione, infatti, purifica e porta alla sua pienezza l’anelito originario dell’uomo a Dio, offrendogli, nella preghiera, la possibilità di un rapporto più profondo con il Padre celeste”.
“All’inizio di questo nostro cammino – ha concluso il Pontefice - vogliamo allora chiedere al Signore che illumini la nostra mente e il nostro cuore perché il rapporto con Lui nella preghiera sia sempre più intenso, affettuoso costante. Ancora una volta diciamogli: ‘Signore, insegnaci a pregare’”.
-SIR-
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