"Abbiamo visto che la Chiesa anche oggi benché soffra tanto, come sappiamo, tuttavia è una Chiesa gioiosa, non è una Chiesa invecchiata, ma abbiamo visto che la Chiesa è giovane e che la fede crea gioia" (Benedetto XVI, 29 luglio 2010)

giovedì 16 novembre 2023

#Aidemia, sull'eccesso legato all'Intelligenza Artificiale

AIDEMIA

Dopo un po' di frequentazione in questo ambiente penso di poter suggerire a Treccani il conio di un nuovo #neologismo 2023:
*AIDEMIA* s.f. Eccessiva circolazione di informazioni, dati, opinioni e prodotti legati all'Intelligenza Artificiale (AI), che genera un flusso caotico e rumoroso in cui risulta difficile per individui e organizzazioni districarsi in un settore già di per sé intrinsecamente complesso, riducendone la chiarezza e la comprensione (cit. Giovanni Tridente).
p.s. L'immagine è stata generata con Bing

lunedì 7 agosto 2023

Influencer cattolici?


Riflettevo sul rischio che comporta incentivare e "valorizzare" la cosiddetta categoria degli "influencer cattolici". Influencer secondo quali canoni? Cattolici secondo quali altri canoni?
 
Nella migliore delle ipotesi, e agli occhi di un pubblico generalista, rischia di diventare un'etichetta che "ghettizza", dando l'idea di appartenere a un club esclusivo, peraltro non molto attraente.

Lungi da tutto questo, la "#missionedigitale" nella #Chiesa (scrivevamo qualche annetto fa nel libro curato con Bruno Mastroianni) è tale in quanto appartiene a "ogni #battezzato" e non a qualcuno "più battezzato di un altro". Ogni discepolo di Cristo è chiamato ad annunciarLo andando "fino ai confini della terra". E oggi sostanzialmente ciascun battezzato possiede un account e utilizza i social per buona parte del proprio tempo.

Il punto è che la consapevolezza di questa "missione" deve farsi capillare, eterogenea, diffusiva, "senza porte" come piace dire a #PapaFrancesco e non "esclusiva" (etichetta, appunto). Deve innervare il vissuto e l'operato di ciascuno di noi, senza rispondere piuttosto a un "piano prestabilito", poiché la persona che ho di fronte nell'#onlife (vedi Luciano Floridi) ha carne ed ossa e anche la mia testimonianza deve incarnarsi.

Non me ne vorranno i tanti amici che si occupano di questo ambito, animati da lodevoli e ammirabili intenzioni, ma ciò vi dovevo per onestà (soprattutto intellettuale), anche per non cadere io per primo nel tranello del "politicamente corretto", che forse non ci fa scomporre - magari "ci conserva l'incarico" o ce ne fa avere uno ad hoc senza generarci sicuramente inimicizie - ma a lungo andare ci rende tutti più tristi e inconcludenti.

Buona missione a tutti i battezzati!

P.S. Non ci crederete, ma l'immagine che accompagna il post è stata generata con un'app che utilizza #IA, con questo prompt: "rappresentami un influencer cattolico".

martedì 7 marzo 2023

Papa Francesco ai sacerdoti: 10 anni di "parole chiave"


Pastori secondo il cuore di Cristo: il ministero sacerdotale secondo Papa Francesco

di Giovanni Tridente

Il sacerdote è colui che ha deciso di seguire e imitare Cristo, vivendo in pienezza il proprio ministero-vocazione, in una dinamica missionaria in cui si prende cura dei fedeli che gli sono affidati, ma senza stancarsi di uscire a cercare quelli che per tante ragioni si sono allontanati “da casa”, o dall’ovile per riferirsi ad un’immagine evangelica. 

È questa per sommi capi la sintesi del pensiero e dell’insegnamento sul ministero sacerdotale che Papa Francesco ha “dispensato” lungo i dieci anni del Pontificato. Una “fotografia” che è possibile dedurre anche dall’esempio personale del Pontefice, di come ha “incarnato” questo essere pastori secondo il cuore di Cristo, in mezzo ad una società piena di esigenze e necessità.

Per mostrarne alcuni tratti salienti abbiamo scelto dieci interventi pubblici del Santo Padre – discorsi, omelie, lettere – ciascuno per ogni anno del suo trascorso ministero di pastore della Chiesa universale.

2013 – In uscita verso le periferie

Uno dei primi interventi non poteva che essere l’omelia nella prima Messa Crismale come Vescovo di Roma, davanti ai sacerdoti della sua Diocesi che ricordavano il giorno dell’Ordinazione, il 28 marzo 2013. Qui il Papa, riferendosi alle letture della liturgia, spiega che il sacerdote è colui che si carica “sulle spalle il popolo a lui affidato” e porta i nomi di queste persone – il “nostro popolo fedele” - “incisi nel cuore”. C’è poi l’olio dell’unzione, che è “per i poveri, per i prigionieri, per i malati e per quelli che sono tristi e soli”. Un chiaro riferimento primordiale alla “Chiesa in uscita” che si prende cura degli ultimi e dei dimenticati, e un esplicito richiamo alle “periferie”, dove si trovano pene e gioie, angustie e speranze, e dove il sacerdote deve portare il potere e l’efficacia redentrice di questa “unzione”. 

2014 – Il tempo della misericordia 

Un cuore sacerdotale misericordioso è quello che Papa Francesco prospetta l’anno successivo sempre ai sacerdoti della sua Diocesi, all’inizio della Quaresima, in un incontro in Aula Paolo VI il 6 marzo 2014. Qui ricorda, riferendosi a un brano del Vangelo di Matteo, che il posto in cui Gesù si trovava più spesso era “sulle strade” e ciò permette di cogliere la profondità del suo cuore, animato da compassione per le tante “folle” stanche e sfinite. Quindi il Pontefice spiega come la Chiesa si trovi nel “tempo della misericordia”, una grande intuizione che era già stata consegnata al Popolo di Dio dal predecessore Giovanni Paolo II. 

Tutto ciò per i sacerdoti si traduce in “vicinanza” e prossimità verso chiunque si trovi ferito nella propria vita, dimostrando “viscere di misericordia” ad esempio nell’amministrazione del sacramento della Riconciliazione ma anche nell’atteggiamento di accogliere, ascoltare, consigliare, assolvere… Bisogna dunque “avere un cuore che si commuove” e ciò può avvenire soltanto se si vive in prima persona la misericordia di Dio. 

2015 – “Non stancatevi di perdonare”

“Non stancatevi di perdonare. Siate perdonatori”, proprio come faceva Gesù. Papa Francesco lo ha richiesto ai sacerdoti durante il Viaggio a Cuba del settembre 2015, nell’omelia dei Vespri con le persone consacrate nella Cattedrale de La Habana. Poi ha ricordato che resta fondamentale per un pastore andare alla ricerca dei più piccoli: l’affamato, il carcerato, il malato secondo il “protocollo di Matteo 25”. E il posto privilegiato per accogliere questi fratelli è il confessionale, senza essere nevrotici o maldisposti ma lasciando scorrere l’abbraccio del perdono.

2016 – Puntare al centro della persona

Ancora sulla Misericordia, nel 2016 il Papa ha indetto uno speciale Giubileo, e nella giornata dedicata ai sacerdoti, nella festa del Santissimo Cuore di Gesù il 3 giugno, ha esordito parlando della necessità di “puntare il cuore” di pastori “al centro della persona”, nelle radici più robuste della vita e al nucleo degli affetti, imitando il Buon Pastore, che “è la misericordia stessa”. Per allenare questo Cuore che imita Cristo, il Santo Padre suggerisce ai sacerdoti tre azioni: l’uscire da sé per andare a cercare chi non vuole più entrare nel gregge; l’essere capaci di ascoltare e accompagnare i passi delle persone con generosa compassione e spirito d’inclusione; gioire nel percepirsi quel canale di misericordia che avvicina appunto le persone a Dio.

2017 – Esperti nell’arte del discernimento
 
Evidentemente, prima di diventare sacerdoti si passa da un intenso percorso di formazione, ed uno degli aspetti che Papa Francesco ci tiene a sottolineare, attingendo anche alla sua familiarità con la tradizione ignaziana e gesuitica è quello del discernimento, un’arte che si apprende avendo anzitutto buona familiarità con l’ascolto della Parola di Dio, con una crescente conoscenza del proprio mondo interiore, affetti e paure. Lo ha spiegato ai seminaristi del Seminario Campano di Posillipo, incontrati in Vaticano il 6 maggio 2017, ribadendo l’urgenza di “fuggire dalla tentazione di rifugiarsi dietro una norma rigida o dietro l’immagine di una libertà idealizzata”. 

2018 – Preghiera, obbedienza e libertà

Nel settembre 2018 Papa Francesco ha parlato invece ai sacerdoti dell’Arcidiocesi di Valencia, accompagnati dal loro Arcivescovo Antonio Cañizares Llovera. Cogliendo l’occasione del Giubileo di San Vicente Ferrer celebrato quell’anno, il Pontefice ha proposto tre mezzi fondamentali per un presbitero per conservare l’amicizia e l’unione con Gesù Cristo. Innanzitutto, la preghiera, perché un sacerdote che se ne priva “non arriva molto lontano”, e il popolo se ne accorge; quindi l’obbedienza per predicare il Vangelo a ogni creatura, ossia l’annuncio della Parola che va fatto con gioia senza sentirsene proprietari o addirittura “imprenditori”. Infine, la libertà di saper “uscire” per andare incontro al fratello ma anche di saper allontanarsi dalla mondanità.

2019 – I due legami costitutivi: Gesù e il Popolo

Ricorrendo il 160º anniversario della morte del Santo Curato d’Ars (Giovanni Maria Vianney), proposto da Pio XI nel 1929 come patrono di tutti i parroci, il 4 agosto del 2019 Papa Francesco ha scritto una paterna Lettera a tutti i sacerdoti del mondo, fratelli che senza fare rumore “lasciano tutto” per dedicarsi alla vita delle loro comunità. Fratelli che lavorano “in trincea” e che ci “mettono la faccia” per curare e accompagnare il Popolo. Lo scopo della lettera, lo spiega il Papa nell’introduzione: essere vicino, ringraziare e incoraggiare. Basta ricordare che si veniva da un periodo di forte critica ai sacerdoti, dopo le tristi vicende degli abusi sessuali. 

Dopo i ringraziamenti per la “perseveranza”, la sopportazione, l’amministrazione dei sacramenti, la passione per il Popolo, l’incoraggiamento è consistito nel ribadire l’importanza di non trascurare “due legami costitutivi della nostra identità”, quello con Gesù – “cercatelo, trovatelo e godete la gioia di lasciarvi curare, accompagnare e consigliare” - e quello con il popolo – “non isolatevi dalla vostra gente”, “non richiudetevi in gruppi chiusi ed elitari”. 

2020 – Chiamati ad annunciare e profetizzare il futuro

L’anno dopo Francesco scrive una nuova lettera, questa volta ai sacerdoti della Diocesi di Roma, a motivo del fatto che a causa della pandemia di Covid-19 non era possibile celebrare insieme la Messa Crismale. Anche qui lo scopo è quello di essere vicino e accompagnare una comunità di fratelli che usciva comunque molto provata dalle conseguenze delle restrizioni sanitarie. E l’approccio del Santo Padre è quello di puntare il tutto – dopo le tante sofferenze viste e vissute – alla Risurrezione: “come comunità presbiterale siamo chiamati ad annunciare e profetizzare il futuro”, provando ad instaurare “un tempo sempre nuovo: il tempo del Signore”. 

2021 – Sognare una Chiesa tutta al servizio

“Cari fratelli sacerdoti, vi invito ad avere sempre orizzonti grandi, a sognare, a sognare una Chiesa tutta al servizio, un mondo più fraterno e solidale. E per questo, come protagonisti, avete il vostro contributo da offrire. Non abbiate paura di osare, di rischiare, di andare avanti perché tutto voi potete con Cristo che vi dà la forza”. Sono le parole che Papa Francesco ha rivolto invece ai sacerdoti del Convitto San Luigi dei Francesi, una comunità che si trova nel cuore di Roma, nel giugno del 2021. Insieme a questo sprone, riferendosi a tutti i sacerdoti, il Pontefice ha riaffermato l’importanza di “essere apostoli della gioia”, senza dimenticare anche un po’ di sano umorismo, ben consapevoli che questa sensibilità ha però ancora una volta la sua sorgente nel rimanere radicati in Cristo.

2022 – Le quattro vicinanze

Nel febbraio dello scorso anno, su iniziativa dell’allora Prefetto del Dicastero per il Vescovi, il Cardinale Marc Ouellet, si è svolto in Vaticano un simposio sulla teologia del sacerdozio e con questa l’occasione Papa Francesco ha ricevuto in Udienza i partecipanti. Qui il Santo Padre ha invitato i presbiteri ad “intercettare il cambiamento” d’epoca che stiamo vivendo, restando però ancorati “alla sapiente Tradizione viva e vivente della Chiesa, che può permettersi di prendere il largo senza paura”. Come “strumenti concreti” di questa missione odierna ha parlato in maniera più estesa delle già altre volte accennate “quattro vicinanze”. Vicinanza innanzitutto a Dio, da cui trarre le forze necessarie; vicinanza al Vescovo per consolidare legami di obbedienza e capacità di ascolto; vicinanza tra i presbiteri, per sentirsi parte di una grande comunità; infine, la vicinanza al popolo di Dio, per “portare avanti lo stile del Signore”.

2023 – Veri testimoni dell’amore di Dio

L’intervento più recente rivolto ai sacerdoti è l’incontro di preghiera – insieme a diaconi, consacrati e seminaristi – che Papa Francesco ha avuto con loro nel Viaggio nella Repubblica Democratica del Congo all’inizio di febbraio. Qui è tornato, come all’inizio del pontificato, il riferimento all’unzione e all’olio “della consolazione e della speranza”, che il Signore dona al suo popolo per il tramite dei suoi ministri sacri. Poi il Santo Padre ha ribadito l’importanza del servizio – servire il popolo e non servirsene – allontanando tre tentazioni particolari. La prima è la “mediocrità spirituale”, che può essere sconfitta attraverso la celebrazione eucaristica quotidiana e la Liturgia delle Ore. Bisogna poi vincere la sfida della “comodità mondana” diffondendo piuttosto modelli di sobrietà e libertà interiore. Infine, la tentazione della superficialità, imparando a “entrare nel cuore del mistero cristiano, ad approfondire la dottrina, a studiare e meditare la parola di Dio”. Lo scopo ultimo è diventare, evidentemente, nella varietà delle inquietudini del nostro tempo, veri “testimoni dell’amore di Dio”.

L'articolo originale è uscito sul numero di marzo della rivista spagnola OMNES

giovedì 26 gennaio 2023

"Parlare con il cuore", compito imprescindibile per l'odierno comunicatore


Dopo l’ascolto, la parola. E di mezzo il cuore. Tocca le corde dell’empatia la riflessione che Papa Francesco invita a fare ai comunicatori per la 57ª Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali del 2023, che si celebrerà il prossimo 21 maggio.

Il tema scelto verte infatti sul versetto 15 del capitolo della Lettera di San Paolo agli Efesini: 'Veritatem facientes in caritate' per dire che bisogna “Hablar con el corazón” dopo che – lo scorso anno – l’approccio è stato “Escuchar con el oído del corazón”. Un collegamento ideale, e anche inevitabile, tra il silenzio e l’azione sempre mitigati dall’organo vitale per eccellenza, centro di tutti i nostri sentimenti e delle nostre passioni.

Un “percorso” che caratterizza nella sostanza ogni atto comunicativo – non si può parlare senza aver prima mantenuto un silenzioso ascolto – e che deve alimentarsi di una finalità più grande: farlo con il cuore ma anche raggiungere il cuore dei propri interlocutori. Questo vuol dire mitezza, vuol dire legami, superare le contrapposizioni e i dibattiti esasperati…

Un compito per i comunicatori d’oggi, sollecitati senza dubbio dalle tante possibilità della tecnica e della socializzazione, che spesso rischiano però di cadere nello scontro esacerbato che termina per distruggere lo stesso atto comunicativo.

Lo spirito è quello di avanzare una comunicazione che superi le ostilità – e quanto ne abbiamo bisogno proprio ora che la guerra guerreggiata è anche alle nostre porte – puntando alla costruzione di un futuro che invece è più fraterno, più giusto e per proprio per questo più umano.

Andata e ritorno

Il tema scelto dal Pontefice evidenzia anche un altro elemento – che poi lui stesso ha sottolineato in un discorso a braccio nella recente udienza concessa ai dipendenti e partecipanti all’Assemblea plenaria del Dicastero per la Comunicazione – ossia che non esiste una comunicazione in una sola direzione, ma prevede sempre “un’andata e ritorno”. Per cui il comunicatore vero “deve essere attento al ritorno, a quello che viene, alla reazione che provoca quello che io dico”. Qui la dinamica è quella del dialogo e della reciprocità.

Un altro aspetto sottolineato da Papa Francesco è quello del “rischio” legato alla comunicazione, l’assumere l’onere del “movimento” e della “creatività” senza la necessità di voler avere tutto sotto controllo, perché poi in realtà non esiste un “tutto in ordine” che si possa disporre come in un archivio: “il comunicatore deve andare sempre rischiando, sempre sulla strada, sempre nel coinvolgimento con la vita”.

Secondo i valori

Qui evidentemente si apre anche l’ambito della comunicazione secondo i valori – cristiani e pure umani –, rifuggendo il pericolo della sola tecnica, che può aiutare ma diventa deleteria se dietro non c’è un cuore – appunto – e una mente, che rendono l’atto comunicativo pienamente caratterizzato dal “calore umano”.

Artigianato dei legami

Altri spunti interessanti il Papa li aveva preparati nel discorso che poi ha soltanto consegnato ai membri del Dicastero ma che ha comunque invitato a leggere. Il punto focale della riflessione in questo caso riguarda una comunicazione alimentata e alimentatrice di “legami”, una vocazione che si caratterizza per l’essere vicini e dare voce “a chi è escluso, attirare l’attenzione su ciò che normalmente scartiamo e ignoriamo”.

Un vero e proprio “artigianato”, scrive Francesco, che permette a Dio di far risuonare e sentire la Sua voce. Questo apostolato si serve di tre compiti specifici, che sono poi tre sfide: “rendere le persone meno sole”, attraverso l’ascolto concreto, aiutando in questo modo anche al Chiesa ad abitare la realtà “e intercettando le grandi domande degli uomini e delle donne di oggi”. In questo contesto bisogna “dare voce a chi non ha voce”, stando con quanti vivono situazioni di marginalità o accompagnando i tanti “irregolari di ogni genere”, sull’esempio di Gesù che non ha mai ignorato queste situazioni.

La terza e ultima sfida individuata dal Pontefice è più che altro una consapevolezza di come questo approccio richieda “fatica”. Bisogna infatti assumere il coraggio di spiegare che “la comunione non è mai uniformità, ma capacità di tenere insieme realtà molto diverse”. Allo stesso modo, la comunicazione deve imparare a “rendere possibile anche la diversità di vedute, cercando però sempre di perseverare l’unità e la verità”.

Giovanni Tridente

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