"Abbiamo visto che la Chiesa anche oggi benché soffra tanto, come sappiamo, tuttavia è una Chiesa gioiosa, non è una Chiesa invecchiata, ma abbiamo visto che la Chiesa è giovane e che la fede crea gioia" (Benedetto XVI, 29 luglio 2010)

giovedì 26 gennaio 2023

"Parlare con il cuore", compito imprescindibile per l'odierno comunicatore


Dopo l’ascolto, la parola. E di mezzo il cuore. Tocca le corde dell’empatia la riflessione che Papa Francesco invita a fare ai comunicatori per la 57ª Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali del 2023, che si celebrerà il prossimo 21 maggio.

Il tema scelto verte infatti sul versetto 15 del capitolo della Lettera di San Paolo agli Efesini: 'Veritatem facientes in caritate' per dire che bisogna “Hablar con el corazón” dopo che – lo scorso anno – l’approccio è stato “Escuchar con el oído del corazón”. Un collegamento ideale, e anche inevitabile, tra il silenzio e l’azione sempre mitigati dall’organo vitale per eccellenza, centro di tutti i nostri sentimenti e delle nostre passioni.

Un “percorso” che caratterizza nella sostanza ogni atto comunicativo – non si può parlare senza aver prima mantenuto un silenzioso ascolto – e che deve alimentarsi di una finalità più grande: farlo con il cuore ma anche raggiungere il cuore dei propri interlocutori. Questo vuol dire mitezza, vuol dire legami, superare le contrapposizioni e i dibattiti esasperati…

Un compito per i comunicatori d’oggi, sollecitati senza dubbio dalle tante possibilità della tecnica e della socializzazione, che spesso rischiano però di cadere nello scontro esacerbato che termina per distruggere lo stesso atto comunicativo.

Lo spirito è quello di avanzare una comunicazione che superi le ostilità – e quanto ne abbiamo bisogno proprio ora che la guerra guerreggiata è anche alle nostre porte – puntando alla costruzione di un futuro che invece è più fraterno, più giusto e per proprio per questo più umano.

Andata e ritorno

Il tema scelto dal Pontefice evidenzia anche un altro elemento – che poi lui stesso ha sottolineato in un discorso a braccio nella recente udienza concessa ai dipendenti e partecipanti all’Assemblea plenaria del Dicastero per la Comunicazione – ossia che non esiste una comunicazione in una sola direzione, ma prevede sempre “un’andata e ritorno”. Per cui il comunicatore vero “deve essere attento al ritorno, a quello che viene, alla reazione che provoca quello che io dico”. Qui la dinamica è quella del dialogo e della reciprocità.

Un altro aspetto sottolineato da Papa Francesco è quello del “rischio” legato alla comunicazione, l’assumere l’onere del “movimento” e della “creatività” senza la necessità di voler avere tutto sotto controllo, perché poi in realtà non esiste un “tutto in ordine” che si possa disporre come in un archivio: “il comunicatore deve andare sempre rischiando, sempre sulla strada, sempre nel coinvolgimento con la vita”.

Secondo i valori

Qui evidentemente si apre anche l’ambito della comunicazione secondo i valori – cristiani e pure umani –, rifuggendo il pericolo della sola tecnica, che può aiutare ma diventa deleteria se dietro non c’è un cuore – appunto – e una mente, che rendono l’atto comunicativo pienamente caratterizzato dal “calore umano”.

Artigianato dei legami

Altri spunti interessanti il Papa li aveva preparati nel discorso che poi ha soltanto consegnato ai membri del Dicastero ma che ha comunque invitato a leggere. Il punto focale della riflessione in questo caso riguarda una comunicazione alimentata e alimentatrice di “legami”, una vocazione che si caratterizza per l’essere vicini e dare voce “a chi è escluso, attirare l’attenzione su ciò che normalmente scartiamo e ignoriamo”.

Un vero e proprio “artigianato”, scrive Francesco, che permette a Dio di far risuonare e sentire la Sua voce. Questo apostolato si serve di tre compiti specifici, che sono poi tre sfide: “rendere le persone meno sole”, attraverso l’ascolto concreto, aiutando in questo modo anche al Chiesa ad abitare la realtà “e intercettando le grandi domande degli uomini e delle donne di oggi”. In questo contesto bisogna “dare voce a chi non ha voce”, stando con quanti vivono situazioni di marginalità o accompagnando i tanti “irregolari di ogni genere”, sull’esempio di Gesù che non ha mai ignorato queste situazioni.

La terza e ultima sfida individuata dal Pontefice è più che altro una consapevolezza di come questo approccio richieda “fatica”. Bisogna infatti assumere il coraggio di spiegare che “la comunione non è mai uniformità, ma capacità di tenere insieme realtà molto diverse”. Allo stesso modo, la comunicazione deve imparare a “rendere possibile anche la diversità di vedute, cercando però sempre di perseverare l’unità e la verità”.

Giovanni Tridente

Archivio

 

GIOVANE CHIESA Copyright © 2011 -- Template created by O Pregador -- Powered by Blogger