"Abbiamo visto che la Chiesa anche oggi benché soffra tanto, come sappiamo, tuttavia è una Chiesa gioiosa, non è una Chiesa invecchiata, ma abbiamo visto che la Chiesa è giovane e che la fede crea gioia" (Benedetto XVI, 29 luglio 2010)

martedì 3 marzo 2020

I 7 anni di pontificato di Papa Francesco secondo me...

Versione in italiano dell'intervista rilasciata a Drazen Kustura sul settimanale di Sarajevo Katolički tjednik, in uscita il 3 marzo 2020 [Disponibile QUI]


D - Egregio professore Tridente, sette anni fa, i cardinali hanno eletto papa Francesco come successore di san Pietro. Secondo Lei, quali sono le principali caratteristiche del suo pontificato?

R - Non è semplice riassumere in poche battute le caratteristiche di questo pontificato, che seppur iniziato di recente ha avviato una serie di processi in tanti campi, a cominciare dalla riforma della Curia Romana, che erano stati richiesti proprio dalle Congregazioni generali dei Cardinali in sede di Conclave. Tuttavia, volendo essere sintetici ma pragmatici, direi che questo è un pontificato a forte trazione pastorale, che intende ricondurre all’essenziale gli uomini e le donne del nostro tempo attraverso una vicinanza concreta di ogni pastore d’anime. E in questo Papa Francesco è il primo – dal primo giorno – a dare l’esempio, proprio come Vescovo di Roma e quindi della Chiesa universale. In questa nostra epoca lo Spirito Santo, attraverso la guida che è il Successore di San Pietro, sta dunque dando alla Chiesa una impronta missionaria, che ha come conseguenza una reale “incarnazione” del messaggio evangelico nella vita della gente.

D - Dall'inizio del suo servizio, Papa Francesco ha convinto molti con la sua semplicità. Quanto è cambiata la percezione esterna della Chiesa con il suo pontificato, specialmente in Italia e poi nel mondo?

R - Più che la percezione esterna della Chiesa direi che è cambiato il mondo. In pochissimi anni, grazie anche al frenetico sviluppo tecnologico e all’avanzare dei social con il continuo popolamento di questo ambiente da fette sempre più numerose di popolazione, ci siamo scoperti tutti “intimamente connessi”, come afferma Papa Francesco in Laudato si’. Ciò ha portato anche la Chiesa a parlare con maggiore incidenza nelle questioni che più interessano la vita delle persone. C’è anche da dire che la stessa nostra epoca vive una crisi di leadership molto forte, quindi ha una grande necessità di personalità carismatiche, che possano aiutare ad affrontare meglio le grandi instabilità sociali, culturali e anche personali che ci troviamo a vivere. Una personalità forte come Papa Francesco – forte proprio perché semplice e genuino nella sua quotidianità e vicinanza umana –, è ciò che oggi sembra rispondere meglio a questa fame di senso.

D - Molti diranno che Francesco è un buon comunicatore e che i media lo adorano. Eppure, a volte, i media hanno trasmesso in modo sensazionale alcune delle sue dichiarazioni, presentandole con nuovi insegnamenti della Chiesa. Quanta verità c'è? Il Papa ha introdotto una nuova dottrina?

R - Anche in questo caso direi che il focus va orientato proprio sui comunicatori e sugli operatori dell’informazione piuttosto che sul Papa o sulla Chiesa. Nel senso che, con molta frequenza assistiamo a “travisazioni” del messaggio del Pontefice, principalmente perché non viene acquisito con la giusta attenzione – e quindi semplificato per ragioni di velocità e immediatezza; secondariamente, perché si preferisce la via breve del sensazionalismo, che casomai fa vendere più copie e porta più click ma porta ad omettere la trasmissione di un contenuto coerente e vero, che all’opposto richiede tempo di studio, giusta analisi e qualificata contestualizzazione. Il problema dunque non è tanto del Papa ma di chi mette nella bocca del Papa parole e argomentazioni che o non ha pronunciato o addirittura ha spiegato in maniera opposta. Tra l’altro, questo non è solo un cattivo lavoro che si fa alla Chiesa ma alla verità e alla società intera.


D - L'attuale Santo Padre sembra avere il maggior numero di nemici nella gerarchia della Chiesa. Si parla spesso di due correnti: conservatrice e progressista. Come concilia queste due posizioni? Francesco è un progressista che si discosta dalla tradizione ecclesiale?

R - Cadere nel tranello della semplificazione per categorie, tra l’altro superate abbondantemente anche storicamente, potrebbe indurre in una valutazione falsata del fenomeno. A mio giudizio esiste, da una parte, la reale coerenza del magistero di Papa Francesco rispetto a quello dei predecessori, e con tutta la tradizione ecclesiale per quanto riguarda i cardini dottrinali dell’insegnamento della Chiesa. Dall’altra parte esistono delle reazioni scomposte che apparentemente hanno a che fare con una presunta preoccupazione per la “conservazione del deposito di fede” ma che scavando in profondità nascondono altri tipi di ragioni, spesso politiche o addirittura dovute ad un “potere” perduto. In mezzo a tutto questo, le vere vittime sono le anime semplici di chi è estraneo a logiche politiche eppure assiste ad uno spettacolo indecoroso che mette in dubbio l’autorità morale di oltre un miliardo di fedeli. Detto ciò, è comunque chiaro che queste continue “mine” non praevalebunt.

D - In relazione alla domanda precedente, sembra che i tradizionalisti aderiscono a Benedetto XVI e i progressisti a Francesco. C'è una grande differenza tra loro due o no?

R - Mi riallaccio alla risposta precedente e aggiungo che proprio Benedetto XVI aveva invitato a superare “l’ermeneutica della discontinuità” parlando invece di “ermeneutica della riforma”, di una sorta di rinnovamento nella continuità dell’unico soggetto Chiesa, riferendosi al Concilio Vaticano II e – guarda caso – al doppio registro che aveva avuto il racconto di quella importante assise conciliare nell’ambito dei mass media. È inevitabile che in persone diverse per provenienza, cultura, esperienze e impegni anche in seno alla stessa Chiesa vi siano delle differenze di approcci, abitudini, modus operandi, ecc. Ma ciò che è chiaro, e ciò che veramente interessa quando si parla di insegnamenti pontifici, è proprio questa continuità magisteriale, che pur con le dovute differenze di “attuazione pratica” potremmo dire, permane nel tempo, anzi si accresce ogni giorno di più, in fedeltà alla Tradizione, alla Parola di Dio e a tutto il Magistero precedente.

D - Molti hanno atteso con impazienza la pubblicazione della Esortazione Apostolica post-sinodale 'Querida Amazonia'. Prima di tutto, a causa di due domande: viri probati e ordinazione delle donne. Dal momento che il Papa non ha portato nulla di nuovo, si può concludere che si tratta di una "vittoria" per i tradizionalisti?
R - Qui bisogna domandarsi: per cosa era stato convocato il Sinodo sull’Amazzonia? Non certo per rispondere a quelle due domande che lei cita, che sono venute fuori più da una preoccupazione esagerata o da una semplificazione mediatica che altro. Certo, dopo aver creato presunte aspettative, è stato facile “posizionarsi” a favore e contro aperture o chiusure che però non erano esattamente all’ordine del giorno. Finalmente, con l’Esortazione apostolica "Querida Amazonia", scaturita dal cuore orante del Santo Padre – come lui stesso ha scritto –, si è messo anche fine a una serie di speculazioni che hanno dimostrato non avere alcuna ragione di fede o dottrinale, ma che restano legate a categorie politiche. Per non cadere anche noi nel rischio della semplificazione dobbiamo allora prendere tra le mani questo importante documento e meditarlo ogni giorno. Credo che sia un vero gioiello spirituale che il Papa consegna ancora una volta a tutta la Chiesa.


D - La Chiesa in Germania iniziò il Sinodo mettendo enfasi su fatto che non avrebbe rispettato ciò che il Papa aveva suggerito loro. Cosa ci si può aspettare da questo Sinodo? È questa la più grande sfida del pontificato di Francesco?

R - Non conosco la situazione della Chiesa in Germania né ho seguito la vicenda da vicino. Ricordo però che a fine giugno dello scorso anno Papa Francesco ha inviato una Lettera a tutti i fedeli tedeschi in vista di questo appuntamento sinodale e ha invitato a guardare sempre alla prospettiva dell’unità della Chiesa. Infatti, in quella occasione il Papa scrive “Ogni volta che una comunità ecclesiale ha cercato di uscire dai suoi problemi da sola, affidandosi soltanto alle proprie forze, metodi e intelligenza, ha finito per moltiplicare e alimentare i mali che voleva superare”. Quindi, come il Santo Padre, anche io penso che bisogna procedere con saggezza e dare sempre la centralità delle nostre azioni allo Spirito Santo. Quanto alle vere sfide, mi preoccuperei di quelle che ognuno di noi è chiamato a vincere e così diventare veramente dei “portatori sani” di Vangelo.

D - Recentemente, film e serie sul papato sono stati ri-registrati (I due papi, Il giovane papa, Il nuovo papa ...). Sebbene sia una questione di finzione, quale messaggio inviano sulla Chiesa e sul Papa?

R - Innanzitutto credo che se l’industria cinematografica – con tutti i suoi limiti e le sue non tanto celate speculazioni commerciali – si interessi dell’argomento Chiesa ciò è segno che questa comunità universale – cattolica – ha forse ancora qualcosa da dire all’uomo di oggi. Fatte salve allora le opportune contestualizzazioni di queste opere di finzione (essere ispirato a una storia vera non significa essere fedele alla storia vera), e tolti di mezzo gli elementi pruriginosi e di facile gancio sul pubblico, credo che comunque qualcosa della “natura soprannaturale” di questa millenaria istituzione riesca a passare. Nel film “I due papi” a esempio, al di là delle categorizzazioni manichee verso le figure dei due pontefici, traspare comunque nei protagonisti la forza interiore e il loro spirito di servizio alla Chiesa e all’umanità. E questo credo che sia un elemento da valorizzare.

D - Sappiamo che è difficile dirlo, ma cosa possiamo aspettarci da papa Francesco in futuro?

R - Non vorrei essere frainteso, però ritengo che questi primi anni di pontificato, per la vivacità dei contenuti messi in campo e dei processi avviati anche in ambito spirituale, insieme alle tante prassi riconvertite e affinate riguardo all’organizzazione della struttura ecclesiastica, abbiano fornito le fondamenta per l’evangelizzazione dei prossimi anni. Ciò che il Santo Padre aveva intenzione di dire ormai lo ha detto, e con l’esempio ha testimoniato anche la strada che bisogna imboccare per essere veramente incisivi. I prossimi anni saranno un grande banco di prova per dimostrare da parte di noi laici se abbiamo veramente compreso la lezione oppure abbiamo preferito la vita comoda in poltrona, con una immagine che ha spesso utilizzato lo stesso pontefice. D’altronde, lui continuerà a svolgere il suo compito di guida e maestro.

D - Per concludere questa conversazione, quali sono alcuni dei tratti di papa Francesco che i cattolici dovrebbero adottare nella loro vita quotidiana?

R - Vorrei dirlo davvero con poche parole: farsi vicini, sporcarsi le mani con le sofferenze di chi ci è accanto, ascoltare, interessarsi davvero, frequentare posti diversi da quelli soliti a cui siamo abituati, incontrare chi è diverso da noi, accogliere chi è solo, rinunciare al proprio protagonismo, servire più che essere serviti, nutrirsi spiritualmente… Solo in questo modo riusciremo ad essere attrattivi anche per chi non è credente e a realizzare quel grande sogno che Benedetto XVI nutriva sulla crescita della fede in un’epoca in cui sembra che non ci sia più.

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