"Abbiamo visto che la Chiesa anche oggi benché soffra tanto, come sappiamo, tuttavia è una Chiesa gioiosa, non è una Chiesa invecchiata, ma abbiamo visto che la Chiesa è giovane e che la fede crea gioia" (Benedetto XVI, 29 luglio 2010)

domenica 27 aprile 2025

Papa Francesco e la creazione dei Cardinali: non era affatto un esercizio esotico!

Alcuni spunti sul Conclave che verrà, tra numeri, geografie e volontà di rappresentare davvero la Chiesa universale

Devo alla lettura di un interessante articolo pubblicato da The Pillar (https://www.pillarcatholic.com/p/the-cardinal-electors-by-the-numbers) – che presenta numeri, tendenze e distribuzioni aggiornate dei Cardinali elettori anche rispetto al passato – alcune considerazioni come quelle che seguono. Perché i numeri, se li si osserva con attenzione, aiutano a leggere meglio il presente della Chiesa e probabilmente a intuire qualcosa del prossimo futuro.

Al di là dell'accanito toto-nomine già partito – un esercizio che lascia il tempo che trova – resta chiaro che l’imminente Conclave, quando verrà convocato, sarà con ogni probabilità il più partecipato della storia recente: 135 Cardinali con diritto di voto, di cui ben 108 creati da Papa Francesco. Eppure non è solo una questione di quantità. Il punto è proprio la qualità della distribuzione dei partecipanti.

Gli elettori attuali arrivano da 71 Paesi diversi. L’Europa, che fino a pochi anni fa rappresentava più della metà del Collegio, oggi è ferma attorno al 33%. In parallelo, sono cresciuti l’Africa, l’Asia e l’America Latina. In molti casi si tratta di Chiese che per la prima volta nella storia hanno un Cardinale elettore. In questi termini, la mappa del Conclave riflette oggi in modo più fedele la geografia reale della cattolicità.

Article content

Questa trasformazione, frutto delle scelte di Papa Francesco, apre ad almeno tre effetti interessanti:

– Primo: si riduce la possibilità che il voto venga orientato da poche aree geografiche o da gruppi culturalmente omogenei. In passato, l’intesa tra Cardinali italiani o centro-europei poteva da sola determinare il risultato. Oggi questo è impossibile.

In pratica, la frammentazione (in senso positivo) obbliga a costruire consenso tra realtà diverse: africani e asiatici, latinoamericani e nordamericani, europei e rappresentanti dell’Oceania. In termini matematici, si potrebbe dire che il "potere decisionale" si è distribuito più equamente; e in questo modo risulta difficile che una “cordata” preconfezionata imponga un risultato.

– Secondo: la maggiore diversità introduce una componente di imprevedibilità benefica. Con più attori in campo, con meno rapporti consolidati tra loro, con esperienze ecclesiali molto diverse, l’emergere di un candidato al Soglio di Pietro non è più frutto di dinamiche scontate, ma lascia spazio a dialoghi reali.

I Cardinali sono quasi costretti a conoscersi, confrontarsi, costruire insieme un orientamento comune. In altre parole: la diversità obbliga al discernimento, non solo al calcolo.

– Terzo: maggiore è il numero di chi partecipa a un'elezione, meno scontato è l'esito.

Se nel passato il Conclave si svolgeva con numeri più contenuti e con una forte concentrazione geografica — basti pensare che per secoli gli elettori erano appena qualche decina, tutti provenienti quasi esclusivamente dall'Europa e in larga parte dall'Italia — oggi, con 135 Cardinali provenienti da 71 Paesi diversi, ogni dinamica risulta molto più aperta e meno prevedibile.

Il semplice dato numerico pesa: più aumenta il numero di chi deve decidere, più diventa difficile pianificare o controllare l'orientamento complessivo. In questo senso, il Conclave che si prepara riflette davvero l'universalità della Chiesa non solo nella provenienza dei Cardinali, ma anche nella ricchezza e nella pluralità delle posizioni che emergeranno.

Article content

Più di qualche commentatore ha ritenuto che la "moltiplicazione dei Cardinali" da parte di Papa Francesco – ben oltre il numero previsto di 120 elettori ammessi nella Sistina – fosse una mossa per controllare l'elezione del Successore. Eppure, numeri alla mano, si comprende che l’esito prodotto è proprio l'opposto: un’assemblea meno compatta, meno centralizzata, meno gestibile.

In qualche caso, sempre in termini di opinione pubblica(ta), si è ridotta la questione al semplice "gesto di rottura", o addirittura a una sorta di vezzo esotico. In realtà, con il senno del poi – e numeri alla mano – le numerose berrette rosse consegnate sembrano essere parte di un disegno pastorale preciso: dare voce anche a chi non l’ha mai avuta, portare a Roma la varietà della Chiesa, rendere il futuro più frutto di discernimento che di strategia.

Anche questa è allora un’eredità che Francesco lascia alla Chiesa. Un’eredità che si misura nel modo in cui ha preparato il terreno per ciò – e per chi – verrà dopo di lui. Un terreno più largo, più vario, più ricco di umanità e di prospettive.

Un’eredità che non orienta un risultato, ma lo rende più libero. E, forse, anche più vero.

giovedì 16 novembre 2023

#Aidemia, sull'eccesso legato all'Intelligenza Artificiale

AIDEMIA

Dopo un po' di frequentazione in questo ambiente penso di poter suggerire a Treccani il conio di un nuovo #neologismo 2023:
*AIDEMIA* s.f. Eccessiva circolazione di informazioni, dati, opinioni e prodotti legati all'Intelligenza Artificiale (AI), che genera un flusso caotico e rumoroso in cui risulta difficile per individui e organizzazioni districarsi in un settore già di per sé intrinsecamente complesso, riducendone la chiarezza e la comprensione (cit. Giovanni Tridente).
p.s. L'immagine è stata generata con Bing

lunedì 7 agosto 2023

Influencer cattolici?


Riflettevo sul rischio che comporta incentivare e "valorizzare" la cosiddetta categoria degli "influencer cattolici". Influencer secondo quali canoni? Cattolici secondo quali altri canoni?
 
Nella migliore delle ipotesi, e agli occhi di un pubblico generalista, rischia di diventare un'etichetta che "ghettizza", dando l'idea di appartenere a un club esclusivo, peraltro non molto attraente.

Lungi da tutto questo, la "#missionedigitale" nella #Chiesa (scrivevamo qualche annetto fa nel libro curato con Bruno Mastroianni) è tale in quanto appartiene a "ogni #battezzato" e non a qualcuno "più battezzato di un altro". Ogni discepolo di Cristo è chiamato ad annunciarLo andando "fino ai confini della terra". E oggi sostanzialmente ciascun battezzato possiede un account e utilizza i social per buona parte del proprio tempo.

Il punto è che la consapevolezza di questa "missione" deve farsi capillare, eterogenea, diffusiva, "senza porte" come piace dire a #PapaFrancesco e non "esclusiva" (etichetta, appunto). Deve innervare il vissuto e l'operato di ciascuno di noi, senza rispondere piuttosto a un "piano prestabilito", poiché la persona che ho di fronte nell'#onlife (vedi Luciano Floridi) ha carne ed ossa e anche la mia testimonianza deve incarnarsi.

Non me ne vorranno i tanti amici che si occupano di questo ambito, animati da lodevoli e ammirabili intenzioni, ma ciò vi dovevo per onestà (soprattutto intellettuale), anche per non cadere io per primo nel tranello del "politicamente corretto", che forse non ci fa scomporre - magari "ci conserva l'incarico" o ce ne fa avere uno ad hoc senza generarci sicuramente inimicizie - ma a lungo andare ci rende tutti più tristi e inconcludenti.

Buona missione a tutti i battezzati!

P.S. Non ci crederete, ma l'immagine che accompagna il post è stata generata con un'app che utilizza #IA, con questo prompt: "rappresentami un influencer cattolico".

martedì 7 marzo 2023

Papa Francesco ai sacerdoti: 10 anni di "parole chiave"


Pastori secondo il cuore di Cristo: il ministero sacerdotale secondo Papa Francesco

di Giovanni Tridente

Il sacerdote è colui che ha deciso di seguire e imitare Cristo, vivendo in pienezza il proprio ministero-vocazione, in una dinamica missionaria in cui si prende cura dei fedeli che gli sono affidati, ma senza stancarsi di uscire a cercare quelli che per tante ragioni si sono allontanati “da casa”, o dall’ovile per riferirsi ad un’immagine evangelica. 

È questa per sommi capi la sintesi del pensiero e dell’insegnamento sul ministero sacerdotale che Papa Francesco ha “dispensato” lungo i dieci anni del Pontificato. Una “fotografia” che è possibile dedurre anche dall’esempio personale del Pontefice, di come ha “incarnato” questo essere pastori secondo il cuore di Cristo, in mezzo ad una società piena di esigenze e necessità.

Per mostrarne alcuni tratti salienti abbiamo scelto dieci interventi pubblici del Santo Padre – discorsi, omelie, lettere – ciascuno per ogni anno del suo trascorso ministero di pastore della Chiesa universale.

2013 – In uscita verso le periferie

Uno dei primi interventi non poteva che essere l’omelia nella prima Messa Crismale come Vescovo di Roma, davanti ai sacerdoti della sua Diocesi che ricordavano il giorno dell’Ordinazione, il 28 marzo 2013. Qui il Papa, riferendosi alle letture della liturgia, spiega che il sacerdote è colui che si carica “sulle spalle il popolo a lui affidato” e porta i nomi di queste persone – il “nostro popolo fedele” - “incisi nel cuore”. C’è poi l’olio dell’unzione, che è “per i poveri, per i prigionieri, per i malati e per quelli che sono tristi e soli”. Un chiaro riferimento primordiale alla “Chiesa in uscita” che si prende cura degli ultimi e dei dimenticati, e un esplicito richiamo alle “periferie”, dove si trovano pene e gioie, angustie e speranze, e dove il sacerdote deve portare il potere e l’efficacia redentrice di questa “unzione”. 

2014 – Il tempo della misericordia 

Un cuore sacerdotale misericordioso è quello che Papa Francesco prospetta l’anno successivo sempre ai sacerdoti della sua Diocesi, all’inizio della Quaresima, in un incontro in Aula Paolo VI il 6 marzo 2014. Qui ricorda, riferendosi a un brano del Vangelo di Matteo, che il posto in cui Gesù si trovava più spesso era “sulle strade” e ciò permette di cogliere la profondità del suo cuore, animato da compassione per le tante “folle” stanche e sfinite. Quindi il Pontefice spiega come la Chiesa si trovi nel “tempo della misericordia”, una grande intuizione che era già stata consegnata al Popolo di Dio dal predecessore Giovanni Paolo II. 

Tutto ciò per i sacerdoti si traduce in “vicinanza” e prossimità verso chiunque si trovi ferito nella propria vita, dimostrando “viscere di misericordia” ad esempio nell’amministrazione del sacramento della Riconciliazione ma anche nell’atteggiamento di accogliere, ascoltare, consigliare, assolvere… Bisogna dunque “avere un cuore che si commuove” e ciò può avvenire soltanto se si vive in prima persona la misericordia di Dio. 

2015 – “Non stancatevi di perdonare”

“Non stancatevi di perdonare. Siate perdonatori”, proprio come faceva Gesù. Papa Francesco lo ha richiesto ai sacerdoti durante il Viaggio a Cuba del settembre 2015, nell’omelia dei Vespri con le persone consacrate nella Cattedrale de La Habana. Poi ha ricordato che resta fondamentale per un pastore andare alla ricerca dei più piccoli: l’affamato, il carcerato, il malato secondo il “protocollo di Matteo 25”. E il posto privilegiato per accogliere questi fratelli è il confessionale, senza essere nevrotici o maldisposti ma lasciando scorrere l’abbraccio del perdono.

2016 – Puntare al centro della persona

Ancora sulla Misericordia, nel 2016 il Papa ha indetto uno speciale Giubileo, e nella giornata dedicata ai sacerdoti, nella festa del Santissimo Cuore di Gesù il 3 giugno, ha esordito parlando della necessità di “puntare il cuore” di pastori “al centro della persona”, nelle radici più robuste della vita e al nucleo degli affetti, imitando il Buon Pastore, che “è la misericordia stessa”. Per allenare questo Cuore che imita Cristo, il Santo Padre suggerisce ai sacerdoti tre azioni: l’uscire da sé per andare a cercare chi non vuole più entrare nel gregge; l’essere capaci di ascoltare e accompagnare i passi delle persone con generosa compassione e spirito d’inclusione; gioire nel percepirsi quel canale di misericordia che avvicina appunto le persone a Dio.

2017 – Esperti nell’arte del discernimento
 
Evidentemente, prima di diventare sacerdoti si passa da un intenso percorso di formazione, ed uno degli aspetti che Papa Francesco ci tiene a sottolineare, attingendo anche alla sua familiarità con la tradizione ignaziana e gesuitica è quello del discernimento, un’arte che si apprende avendo anzitutto buona familiarità con l’ascolto della Parola di Dio, con una crescente conoscenza del proprio mondo interiore, affetti e paure. Lo ha spiegato ai seminaristi del Seminario Campano di Posillipo, incontrati in Vaticano il 6 maggio 2017, ribadendo l’urgenza di “fuggire dalla tentazione di rifugiarsi dietro una norma rigida o dietro l’immagine di una libertà idealizzata”. 

2018 – Preghiera, obbedienza e libertà

Nel settembre 2018 Papa Francesco ha parlato invece ai sacerdoti dell’Arcidiocesi di Valencia, accompagnati dal loro Arcivescovo Antonio Cañizares Llovera. Cogliendo l’occasione del Giubileo di San Vicente Ferrer celebrato quell’anno, il Pontefice ha proposto tre mezzi fondamentali per un presbitero per conservare l’amicizia e l’unione con Gesù Cristo. Innanzitutto, la preghiera, perché un sacerdote che se ne priva “non arriva molto lontano”, e il popolo se ne accorge; quindi l’obbedienza per predicare il Vangelo a ogni creatura, ossia l’annuncio della Parola che va fatto con gioia senza sentirsene proprietari o addirittura “imprenditori”. Infine, la libertà di saper “uscire” per andare incontro al fratello ma anche di saper allontanarsi dalla mondanità.

2019 – I due legami costitutivi: Gesù e il Popolo

Ricorrendo il 160º anniversario della morte del Santo Curato d’Ars (Giovanni Maria Vianney), proposto da Pio XI nel 1929 come patrono di tutti i parroci, il 4 agosto del 2019 Papa Francesco ha scritto una paterna Lettera a tutti i sacerdoti del mondo, fratelli che senza fare rumore “lasciano tutto” per dedicarsi alla vita delle loro comunità. Fratelli che lavorano “in trincea” e che ci “mettono la faccia” per curare e accompagnare il Popolo. Lo scopo della lettera, lo spiega il Papa nell’introduzione: essere vicino, ringraziare e incoraggiare. Basta ricordare che si veniva da un periodo di forte critica ai sacerdoti, dopo le tristi vicende degli abusi sessuali. 

Dopo i ringraziamenti per la “perseveranza”, la sopportazione, l’amministrazione dei sacramenti, la passione per il Popolo, l’incoraggiamento è consistito nel ribadire l’importanza di non trascurare “due legami costitutivi della nostra identità”, quello con Gesù – “cercatelo, trovatelo e godete la gioia di lasciarvi curare, accompagnare e consigliare” - e quello con il popolo – “non isolatevi dalla vostra gente”, “non richiudetevi in gruppi chiusi ed elitari”. 

2020 – Chiamati ad annunciare e profetizzare il futuro

L’anno dopo Francesco scrive una nuova lettera, questa volta ai sacerdoti della Diocesi di Roma, a motivo del fatto che a causa della pandemia di Covid-19 non era possibile celebrare insieme la Messa Crismale. Anche qui lo scopo è quello di essere vicino e accompagnare una comunità di fratelli che usciva comunque molto provata dalle conseguenze delle restrizioni sanitarie. E l’approccio del Santo Padre è quello di puntare il tutto – dopo le tante sofferenze viste e vissute – alla Risurrezione: “come comunità presbiterale siamo chiamati ad annunciare e profetizzare il futuro”, provando ad instaurare “un tempo sempre nuovo: il tempo del Signore”. 

2021 – Sognare una Chiesa tutta al servizio

“Cari fratelli sacerdoti, vi invito ad avere sempre orizzonti grandi, a sognare, a sognare una Chiesa tutta al servizio, un mondo più fraterno e solidale. E per questo, come protagonisti, avete il vostro contributo da offrire. Non abbiate paura di osare, di rischiare, di andare avanti perché tutto voi potete con Cristo che vi dà la forza”. Sono le parole che Papa Francesco ha rivolto invece ai sacerdoti del Convitto San Luigi dei Francesi, una comunità che si trova nel cuore di Roma, nel giugno del 2021. Insieme a questo sprone, riferendosi a tutti i sacerdoti, il Pontefice ha riaffermato l’importanza di “essere apostoli della gioia”, senza dimenticare anche un po’ di sano umorismo, ben consapevoli che questa sensibilità ha però ancora una volta la sua sorgente nel rimanere radicati in Cristo.

2022 – Le quattro vicinanze

Nel febbraio dello scorso anno, su iniziativa dell’allora Prefetto del Dicastero per il Vescovi, il Cardinale Marc Ouellet, si è svolto in Vaticano un simposio sulla teologia del sacerdozio e con questa l’occasione Papa Francesco ha ricevuto in Udienza i partecipanti. Qui il Santo Padre ha invitato i presbiteri ad “intercettare il cambiamento” d’epoca che stiamo vivendo, restando però ancorati “alla sapiente Tradizione viva e vivente della Chiesa, che può permettersi di prendere il largo senza paura”. Come “strumenti concreti” di questa missione odierna ha parlato in maniera più estesa delle già altre volte accennate “quattro vicinanze”. Vicinanza innanzitutto a Dio, da cui trarre le forze necessarie; vicinanza al Vescovo per consolidare legami di obbedienza e capacità di ascolto; vicinanza tra i presbiteri, per sentirsi parte di una grande comunità; infine, la vicinanza al popolo di Dio, per “portare avanti lo stile del Signore”.

2023 – Veri testimoni dell’amore di Dio

L’intervento più recente rivolto ai sacerdoti è l’incontro di preghiera – insieme a diaconi, consacrati e seminaristi – che Papa Francesco ha avuto con loro nel Viaggio nella Repubblica Democratica del Congo all’inizio di febbraio. Qui è tornato, come all’inizio del pontificato, il riferimento all’unzione e all’olio “della consolazione e della speranza”, che il Signore dona al suo popolo per il tramite dei suoi ministri sacri. Poi il Santo Padre ha ribadito l’importanza del servizio – servire il popolo e non servirsene – allontanando tre tentazioni particolari. La prima è la “mediocrità spirituale”, che può essere sconfitta attraverso la celebrazione eucaristica quotidiana e la Liturgia delle Ore. Bisogna poi vincere la sfida della “comodità mondana” diffondendo piuttosto modelli di sobrietà e libertà interiore. Infine, la tentazione della superficialità, imparando a “entrare nel cuore del mistero cristiano, ad approfondire la dottrina, a studiare e meditare la parola di Dio”. Lo scopo ultimo è diventare, evidentemente, nella varietà delle inquietudini del nostro tempo, veri “testimoni dell’amore di Dio”.

L'articolo originale è uscito sul numero di marzo della rivista spagnola OMNES

giovedì 26 gennaio 2023

"Parlare con il cuore", compito imprescindibile per l'odierno comunicatore


Dopo l’ascolto, la parola. E di mezzo il cuore. Tocca le corde dell’empatia la riflessione che Papa Francesco invita a fare ai comunicatori per la 57ª Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali del 2023, che si celebrerà il prossimo 21 maggio.

Il tema scelto verte infatti sul versetto 15 del capitolo della Lettera di San Paolo agli Efesini: 'Veritatem facientes in caritate' per dire che bisogna “Hablar con el corazón” dopo che – lo scorso anno – l’approccio è stato “Escuchar con el oído del corazón”. Un collegamento ideale, e anche inevitabile, tra il silenzio e l’azione sempre mitigati dall’organo vitale per eccellenza, centro di tutti i nostri sentimenti e delle nostre passioni.

Un “percorso” che caratterizza nella sostanza ogni atto comunicativo – non si può parlare senza aver prima mantenuto un silenzioso ascolto – e che deve alimentarsi di una finalità più grande: farlo con il cuore ma anche raggiungere il cuore dei propri interlocutori. Questo vuol dire mitezza, vuol dire legami, superare le contrapposizioni e i dibattiti esasperati…

Un compito per i comunicatori d’oggi, sollecitati senza dubbio dalle tante possibilità della tecnica e della socializzazione, che spesso rischiano però di cadere nello scontro esacerbato che termina per distruggere lo stesso atto comunicativo.

Lo spirito è quello di avanzare una comunicazione che superi le ostilità – e quanto ne abbiamo bisogno proprio ora che la guerra guerreggiata è anche alle nostre porte – puntando alla costruzione di un futuro che invece è più fraterno, più giusto e per proprio per questo più umano.

Andata e ritorno

Il tema scelto dal Pontefice evidenzia anche un altro elemento – che poi lui stesso ha sottolineato in un discorso a braccio nella recente udienza concessa ai dipendenti e partecipanti all’Assemblea plenaria del Dicastero per la Comunicazione – ossia che non esiste una comunicazione in una sola direzione, ma prevede sempre “un’andata e ritorno”. Per cui il comunicatore vero “deve essere attento al ritorno, a quello che viene, alla reazione che provoca quello che io dico”. Qui la dinamica è quella del dialogo e della reciprocità.

Un altro aspetto sottolineato da Papa Francesco è quello del “rischio” legato alla comunicazione, l’assumere l’onere del “movimento” e della “creatività” senza la necessità di voler avere tutto sotto controllo, perché poi in realtà non esiste un “tutto in ordine” che si possa disporre come in un archivio: “il comunicatore deve andare sempre rischiando, sempre sulla strada, sempre nel coinvolgimento con la vita”.

Secondo i valori

Qui evidentemente si apre anche l’ambito della comunicazione secondo i valori – cristiani e pure umani –, rifuggendo il pericolo della sola tecnica, che può aiutare ma diventa deleteria se dietro non c’è un cuore – appunto – e una mente, che rendono l’atto comunicativo pienamente caratterizzato dal “calore umano”.

Artigianato dei legami

Altri spunti interessanti il Papa li aveva preparati nel discorso che poi ha soltanto consegnato ai membri del Dicastero ma che ha comunque invitato a leggere. Il punto focale della riflessione in questo caso riguarda una comunicazione alimentata e alimentatrice di “legami”, una vocazione che si caratterizza per l’essere vicini e dare voce “a chi è escluso, attirare l’attenzione su ciò che normalmente scartiamo e ignoriamo”.

Un vero e proprio “artigianato”, scrive Francesco, che permette a Dio di far risuonare e sentire la Sua voce. Questo apostolato si serve di tre compiti specifici, che sono poi tre sfide: “rendere le persone meno sole”, attraverso l’ascolto concreto, aiutando in questo modo anche al Chiesa ad abitare la realtà “e intercettando le grandi domande degli uomini e delle donne di oggi”. In questo contesto bisogna “dare voce a chi non ha voce”, stando con quanti vivono situazioni di marginalità o accompagnando i tanti “irregolari di ogni genere”, sull’esempio di Gesù che non ha mai ignorato queste situazioni.

La terza e ultima sfida individuata dal Pontefice è più che altro una consapevolezza di come questo approccio richieda “fatica”. Bisogna infatti assumere il coraggio di spiegare che “la comunione non è mai uniformità, ma capacità di tenere insieme realtà molto diverse”. Allo stesso modo, la comunicazione deve imparare a “rendere possibile anche la diversità di vedute, cercando però sempre di perseverare l’unità e la verità”.

Giovanni Tridente

sabato 31 dicembre 2022

Benedetto XVI: umile cooperatore della Verità

L'originale è stato pubblicato in spagnolo sulla rivista OMNES: https://omnesmag.com/actualidad/los-momentos-clave-del-pontificado-de-benedicto-xvi/

Con umiltà e nella verità, in silenzio e con la preghiera. Così ha vissuto, così se n’è andato Benedetto XVI, il Papa emerito. Eletto al Soglio pontificio il 19 marzo 2005, subito dopo “il grande Papa Giovanni Paolo II”, nelle prime parole rivolte alla folla dalla Loggia centrale della Basilica di San Pietro si definì “un semplice e umile lavoratore nella vigna del Signore”. E come tale apparve, con le maniche della maglia nera che fuoriuscivano dalla veste papale, segno di una scelta che forse non si aspettava. 

Timido, eppure molto colto, semplice nei modi ma dal pensiero complesso e mai banale. Lavoratore instancabile. Ne ha dato prova negli innumerevoli anni trascorsi nella Curia Romana come insostituibile collaboratore del suo predecessore, in uno dei dicasteri più importanti e più solidi, l’allora Congregazione per la Dottrina della Fede.

Sempre il giorno dell’elezione si definì “strumento insufficiente”, consolato dal fatto che il Signore avrebbe saputo utilizzarlo al meglio, senza fargli mancare il “suo aiuto permanente”, con la complicità della Madre Maria Santissima. Chiedeva preghiere.

Per quasi otto anni, fino alla rinuncia divenuta effettiva il 28 febbraio 2013, non si è arreso davanti a nessun ostacolo, ha (ri)messo mano all’aratro e ha cominciato a puntellare nei suoi elementi fondamentali l’edificio della Chiesa, appena approdata con tutta l’umanità in un nuovo millennio carico di cambiamenti e di “sballottamenti”, da poco rimasta orfana di una guida spirituale imponente, che l’aveva accompagnata per mano per oltre 27 anni.

Il suo destino era divenuto chiaro il giorno dei funerali di San Giovanni Paolo II, quando pronunciò quella toccante omelia che aveva come esordio proprio la parola “Seguimi”. Qualche giorno prima – nella Via Crucis al Colosseo, meditando sulla nona stazione, la terza caduta di Gesù – si era “incaricato” poi di denunciare “la sporcizia nella Chiesa”, ma anche la superbia e l’autosufficienza. 

Il suo sogno era tornare in Patria, dedicarsi alla lettura e godersi la passione per i gatti e l’amore per la musica classica. Gli toccò invece sobbarcarsi tutti quei problemi che aveva imparato a conoscere da vicino, e prendere su di sé anche la croce delle critiche e delle incomprensioni, ma aprendo la strada a un processo di riforma che il successore – Papa Francesco – ha potuto continuare agevolmente. Lo ha fatto con umiltà, e nella verità.

Compito inaudito che supera ogni capacità umana

“Compito inaudito, che realmente supera ogni capacità umana”. La domenica del 24 aprile 2005 Benedetto XVI iniziò il suo ministero petrino come Vescovo di Roma, in una piazza San Pietro gremita da oltre 400 mila persone. E nell’esporre la gravità e il peso del mandato che sentiva di dover assumere, disse che in fondo il suo programma di governo non sarebbe stato quello di “perseguire mie idee, ma di mettermi in ascolto, con tutta quanta la Chiesa, della parola e della volontà del Signore e lasciarmi guidare da Lui, cosicché sia Egli stesso a guidare la Chiesa in questa ora della nostra storia”. Volontà di Dio che “non ci aliena, ci purifica – magari in modo anche doloroso – e così ci conduce a noi stessi”.

Essere pronti a soffrire 

Il tema della sofferenza ritorna spesso nel discorso di insediamento, come quando spiega che “amare – [il popolo che Dio ci affida] – vuol dire anche essere pronti a soffrire”, “dare alle pecore il vero bene, il nutrimento della verità di Dio, della parola di Dio, il nutrimento della sua presenza”. Parole che lette con il senno del poi suonano come profezia. Di sicuro non gli è stata risparmiata alcuna sofferenza a Benedetto XVI, sempre però vissuta in spirito di servizio, e in umiltà.

Guardando ai quasi otto anni di pontificato risaltano alcuni contributi di rilievo che il primo Papa emerito della storia ha lasciato in eredità a tutta la Chiesa.

Le tre Encicliche

Il primo contributo è senza dubbio magisteriale. A pochi mesi dal pontificato, Benedetto XVI firma la sua prima Enciclica, la Deus caritas est (Dio è amore) dove spiega come l’uomo, creato a immagine di Dio-amore, è in grado di fare esperienza della carità; scritta inizialmente in tedesco e firmata il giorno di Natale del 2005, viene diffusa il mese dopo.

Il 30 novembre del 2007 esce invece la Spe salvi (Salvati nella speranza), che mette a confronto la speranza cristiana con le moderne forme di speranza basate su conquiste terrene, che portano a sostituire la fiducia in Dio ad una mera fede nel progresso. Ma solo una prospettiva infinita come quella offerta da Dio tramite Cristo può dare la vera gioia.

L’ultima enciclica a sua firma reca la data del 29 giugno 2009 è si intitola Caritas in veritate (L’amore nella verità). Qui il Pontefice passa in rassegna gli insegnamenti della Chiesa relativi alla giustizia sociale e invita i cristiani a riscoprire l’etica delle relazioni commerciali ed economiche, mettendo sempre al centro l’individuo e i valori che preservano il suo bene.

Una quarta enciclica era in preparazione per completare la trilogia dedicata alle tre virtù teologali; uscirà a firma di Papa Francesco il 29 giugno 2013, nell’Anno della Fede, completando il grosso del lavoro che era già stato preparato da Ratzinger. Si intitola Lumen fidei.


4 Esortazioni post sinodali

Eucaristia, Parola, Africa e Medio Oriente sono invece i temi delle quattro Esortazioni apostoliche uscite sotto il pontificato di Benedetto XVI, a coronamento di altrettanti Sinodi dei Vescovi che si sono svolti rispettivamente nel 2005, generando la Sacramentum caritatis (2006); nel 2008, con la pubblicazione della Verbum Domini (2010); nel 2009, da cui l’esortazione Africae munus (2011); e nel 2010, che due anni dopo ha portato al documento Ecclesia in Medio Oriente.

C’è qui l’importanza dei sacramenti, e la vicinanza alle periferie del mondo, luoghi in cui la Chiesa è molto viva, ricca di vocazioni, ma dove spesso manca lo sforzo “di Roma” nel farsi più presente a quelle terre.

La trilogia su Gesù di Nazareth

Grazie alla sua passione per lo studio e alle sue qualità di fine teologo, negli anni del Pontificato Benedetto XVI ha anche regalato alla comunità dei credenti tre importanti libri sulla figura storica di Gesù, usciti rispettivamente nel 2007, nel 2011 e nel 2012. Il percorso narrativo parte dall’Infanzia di Gesù, proseguendo per la vita pubblica del Messia, fino alla resurrezione. 

È stato un successo editoriale senza precedenti, e molti fedeli sono rimasti edificati dal racconto sul Gesù-Persona.

I Viaggi

Pellegrino presso i popoli, non ha interrotto la tradizione del predecessore di realizzare dei Viaggi apostolici sia in Italia che all’estero; serie inaugurata a quattro mesi dal pontificato recandosi nella sua Patria per la Giornata Mondiale della Gioventù di Colonia. Ritornerà in Germania altre due volte, nel 2006 (in Baviera, circostanza del noto “incidente di Ratisbona”) e nel 2011, come visita ufficiale al Paese. In totale Benedetto XVI ha compiuto 24 viaggi apostolici all’estero, diversi in Europa (tre volte in Spagna), ma anche in America Latina (Brasile, Messico, Cuba), negli Stati Uniti d’America (2008), in Africa (Camerun, Benin) e in Australia (2008).

Significativi senza dubbio il Viaggio in Terra Santa, visitando la Giordania, Israele e l’Autorità Nazionale Palestinese, nel maggio 2009, ma anche la visita al Campo di Concentramento di di Auschwitz, nello stesso mese tre anni prima, dove ha pregato per onorare la memoria degli ebrei, dei polacchi, dei russi, dei rom, e dei rappresentanti di venticinque nazioni uccisi dall’odio nazista.

Oltre trenta anche le visite pastorali e pellegrinaggi in Italia e altrettante anche nella Diocesi di Roma, visitando parrocchie, santuari, basiliche, carceri, ospedali e seminari. Nella storia rimarrà la visita a L’Aquila, nel 2009, subito dopo il terremoto, quando si recò a pregare sulle spoglie di Celestino V sulla cui teca depose il suo pallio, premonizione che molti hanno associato alle future dimissioni. 

Gli “incidenti”

Iniziando il suo ministero petrino Benedetto XVI aveva fatto riferimento alle sofferenze, e purtroppo questo è stato uno degli elementi che non gli sono stati affatto risparmiati come si diceva, a cominciare da alcune incomprensioni e controversie che hanno avuto eco internazionale.

La prima di questa rimanda al 2006, con la famosa lectio magistralis presso l’Università di Ratisbona durante il suo secondo viaggio in Germania, visitando la Baviera. Qui l’incidente è scaturito dalla infelice citazione di una frase dell’imperatore bizantino Manuele II Paleologo a proposito della guerra santa, con riferimenti al profeta Maometto. Nel suo discorso il Papa aveva ricordato la dichiarazione Nostra Aetate e l’atteggiamento della Chiesa nei confronti con le religioni non cristiane, ma ormai l’incomprensione era data, e nel mondo islamico si susseguirono violente reazioni. 

Benedetto XVI si è poi successivamente scusato pubblicamente, dicendosi “rammaricato” e chiarendo di non condividere il pensiero espresso nel testo citato. Fortunatamente, gli anni successivi sono stati un fiorire di scambi culturali e teologici tra cattolici e musulmani, culminati anche con un incontro in Vaticano tra una delegazione di teologici e intellettuali islamici e lo stesso Pontefice. Qui ci sono senza dubbio i prodromi del Documento sulla fratellanza umana che diversi anni dopo riuscirà a firmare ad Abu Dhabi, Papa Francesco insieme al Grande Imam di Al-Azhar. 

Un secondo incidente si ebbe a Roma, protagonista la principale Università della Capitale, “La Sapienza”, dove un gruppo di oltre 60 docenti dell’Ateneo si oppose alla visita di Benedetto XVI, invitato dall’allora Rettore ad intervenire all’inaugurazione dell’Anno accademico nel 2008. Dopo il profluvio di polemiche, la Santa Sede declinò l’invito. Nove anni dopo, nel 2017, il suo successore Francesco è riuscito invece a visitare un’altra università civile romana, “Roma Tre”.

Dopo l’incomprensione con i musulmani, nel 2009 arrivò l’incidente con il mondo ebraico. Benedetto XVI aveva deciso di rimettere la scomunica a quattro vescovi lefebvriani, tra i quali c’era Richard Williamson. Dopo questo gesto si venne a sapere – attraverso la televisione svedese SVT – che nel passato il monsignore aveva pubblicamente espresso posizioni negazioniste sulla Shoah. Anche qui la Santa Sede fu costretta ad emettere una nota che, oltre a confermare la condanna e il ricordo del genocidio degli ebrei, imponeva al vescovo Williamson di prendere “in modo assolutamente inequivocabile e pubblico le distanze dalle sue posizioni riguardanti la Shoah”, prima di essere ammesso a funzioni episcopali nella Chiesa, chiarendo che queste posizioni non erano conosciute dal Papa nel momento della remissione della scomunica.

Altre critiche sorsero durante il suo viaggio in Camerun e Angola nel marzo 2009 quando sull’aereo affermò che la distribuzione dei preservativi non sarebbe una soluzione contro l’AIDS; dichiarazione stigmatizzata da governi, uomini politici, scienziati e organizzazioni umanitarie con ripercussioni anche sul piano diplomatico.

La lotta agli abusi

Eppure, sotto il Pontificato di Benedetto XVI ha preso impulso in maniera irreversibile tutto il processo di lotta agli abusi nella Chiesa che Papa Francesco ha potuto proseguire più agevolmente. Papa Ratzinger è stato il primo pontefice a chiedere esplicitamente scusa alle vittime abusate da ecclesiastici, oltre a incontrarle in più occasioni, ad esempio nei viaggi all’estero. È stato drastico nell’allontanare diversi religiosi responsabili di tali crimini e a stabilire le prime norme e linee guida più stringenti contro questi fenomeni.

Un esempio su tutti è la gestione del “caso Maciel”, che Ratzinger aveva già avuto modo di approfondire negli anni in cui era Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. Da Pontefice fece in modo che la Congregazione dei Legionari ricevesse una Visita Apostolica, a seguito della quale fu nominato un Delegato pontificio – il compianto cardinale Velasio De Paolis – che ha poi portato alla revisione degli statuti e dei regolamenti, dopo aver riconosciuto pubblicamente la colpevolezza del fondatore e avviato un completo processo di rinnovamento e guarigione.

Altro fenomeno è quello dell’Irlanda, a seguito della pubblicazione dei rapporti Ryan e Murphy che denunciavano numerosi casi di abusi sessuali su minori compiuti da sacerdoti e religiosi dagli anni 30 e fino al 2000, con tentativi di insabbiamento da parte della Chiesa locale. Già nel 2006, parlando ai Vescovi del Paese giunti a Roma in Visita Ad Limina, Benedetto XVI disse che “le ferite causate da simili atti sono profonde, ed è urgente il compito di ristabilire la confidenza e la fiducia quando queste sono state lese”. Inoltre occorre “prendere tutte le misure atte ad evitare che si ripeta in futuro, assicurare che i principi di giustizia vengano pienamente rispettati e, soprattutto, guarire le vittime e tutti coloro che sono colpiti da questi crimini abnormi”.

Quattro anni dopo scrisse una lettera pastorale ai cattolici d’Irlanda nella quale confidò di “condividere lo sgomento e il senso di tradimento” da loro sperimentato, e rivolgendosi ai colpevoli aggiunse: “dovete rispondere di ciò davanti a Dio onnipotente, come pure davanti a tribunali debitamente costituiti”.

I Concistori

Nel corso del pontificato, Benedetto XVI ha presieduto cinque Concistori per la creazione di nuovi cardinali, creando in totale 90 “eminenze”, di cui 74 elettori. Significativo l’ultimo, del 24 novembre 2012, che oltre ad essere il secondo Concistoro nello stesso anno (era dal 1929 che non c’erano state due differenti creazioni cardinalizie in uno stesso anno), non era presente questa volta nessun cardinale europeo, quasi ad inaugurare una tradizione andando a “pescare” collaboratori del Papa anche molto lontano da Roma. Cosa che poi successivamente con Papa Francesco è divenuta molto usuale.

È l’anno in cui viene creato ad esempio il Cardinale Luis Antonio Tagle, arcivescovo metropolita di Manila (Filippine), oppure Baselios Cleemis Thottunka, arcivescovo maggiore di Trivandrum dei Siro-Malankaresi (India).

La rinuncia

L’ultimo atto che rimane nella storia del pontificato di Benedetto XVI è senza dubbio la sua rinuncia, comunicata l’11 febbraio 2013 nel corso di un Concistoro per alcune cause di canonizzazione come “decisione di grande importanza per la vita della Chiesa”.

Tra le motivazioni che lo condussero a questa scelta – compiuta in assoluta umiltà e spirito di servizio alla Chiesa, anche in questo caso –, la consapevolezza che “per governare la barca di san Pietro è necessario anche il vigore sia del corpo, sia dell’animo, vigore che, negli ultimi mesi, in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato”.

Parole di una limpidezza unica, offerte con il cuore in mano, e con la libertà di chi non ha paura di riconoscere i propri limiti, pur essendo pronto a servire il Signore “non meno soffrendo e pregando”.

È stato di parola, Benedetto XVI, ha dedicato gli ultimi anni della sua vita pregando per la Chiesa, nel “nascondimento” del Monastero Mater Ecclesiae, con il suo cuore, la sua riflessione e con tutte le forze interiori – come ebbe a dire nell’ultimo saluto ai fedeli dalla Loggia del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo il 28 febbraio di quasi dieci anni fa. Da pellegrino “nell’ultima tappa del suo pellegrinaggio in questa terra”, che ora è giunto al suo compimento. Ci vegli dal Cielo!

Giovanni Tridente

venerdì 30 dicembre 2022

Gli incontri tra Papa Francesco e Benedetto XVI e le parole con cui lo ha sempre ricordato



* La versione originale di questo articolo è uscita su OMNES: https://omnesmag.com/actualidad/encuentros-papa-francisco-benedicto-xvi/ 

Il primo incontro tra Papa Francesco e Benedetto XVI si è svolto a pochi giorni dall’elezione dell’attuale Pontefice, il 23 marzo 2013, con un caloroso abbraccio presso l’eliporto di Castel Gandolfo, la residenza dove il Papa emerito aveva trascorso il periodo della sede vacante. Entrambi apparvero vestiti di bianco e prima di riunirsi nella Biblioteca privata sostarono in preghiera in cappella, uno accanto all’altro; Francesco aveva rinunciato a occupare il posto d’onore sedendo tra i banchi con Benedetto: “siamo fratelli”.

Ci ha insegnato l’umiltà

Significativo il dono che Francesco portò quel giorno al suo predecessore, l’icona della Madonna dell’umiltà: “non la conoscevo, ho subito pensato a Lei, Lei ci ha insegnato l’umiltà”. Qualche mese dopo i due si ritrovarono nei Giardini Vaticani per la Benedizione della nuova Statua di San Michele Arcangelo, patrono dello Stato della Città del Vaticano.

L’anno successivo, nel 2014, un nuovo abbraccio tra il Pontefice regnante e l’emerito, il 28 settembre in Piazza San Pietro, per il grande raduno con gli anziani organizzato dalla Pontifica Accademia per la Vita; nel 2015 le telecamere riprendono un ulteriore saluto e abbraccio nel mese di giugno, prima della partenza di Benedetto XVI per un nuovo periodo di riposo a Castel Gandolfo. 

Quello stesso 2015 Benedetto XVI è ancora presente accanto a Papa Francesco in una cerimonia pubblica, questa volta per il rito di apertura della Porta Santa della Basilica Vaticana, l’8 dicembre, per l’avvio del Giubileo della Misericordia.

Il 28 giugno 2016, nella Sala Clementina, si è svolto inoltre un atto di commemorazione del 65º anniversario di ordinazione sacerdotale del Papa emerito alla presenza di molti cardinali della Curia Romana. Nel suo discorso Francesco ha risaltato l’amore testimoniato da Benedetto XVI qualificandolo come “nota che domina una vita spesa nel servizio sacerdotale e della teologia”.

Altri incontri frequenti e pubblici si sono avuti tra i due al termine di ogni Concistoro per la creazione dei nuovi cardinali, con l’intero gruppo che puntualmente è salito al Monastero Mater Ecclesiae per i saluti al Papa emerito e un momento di preghiera nella cappella della residenza. Ci sono poi i tanti incontri privati e il continuo scambio di telefonate, anche nell’imminenza di ogni viaggio all’estero.

Ministero nascosto

Nei dieci anni di Pontificato, Papa Francesco ha fatto spesso riferimento al suo predecessore, chiedendo preghiere per il suo “ministero nascosto” e ringraziandolo per il sostegno alla Chiesa portato avanti con la preghiera. Preghiera che ha sempre chiesto poi di ricambiare verso il Papa emerito. Accanto alle occasioni ufficiali, come ad esempio la consegna del “Premio Ratzinger” promosso dall’omonima Fondazione Vaticana, il Pontefice regnante ha parlato di Benedetto XVI anche nel corso di udienze, angelus, oppure interviste rilasciate ai giornalisti.

Il primo riferimento rimanda senza dubbio alla sera stessa dell’elezione dalla Loggia della Basilica Vaticana: “prima di tutto, vorrei fare una preghiera per il nostro Vescovo emerito”; “perché il Signore lo benedica e la Madonna lo custodisca”.

Teologia fatta in ginocchio

Nel 2013, per il Conferimento del “Premio Ratzinger” di quell’anno, Francesco espresse “riconoscenza e grande affetto” per il predecessore, valorizzando il lavoro che aveva fatto con la pubblicazione dei libri su Gesù di Nazaret, attraverso i quali “ha fatto dono alla Chiesa, e a tutti gli uomini, di ciò che aveva di più prezioso: la sua conoscenza di Gesù”, maturata attraverso una teologia fatta “in ginocchio”.

Uomo di fede, tanto umile

Nel viaggio di ritorno dalla Terra Santa, nel maggio 2014, rispondendo ai giornalisti che gli chiedevano se mai in futuro seguirebbe la scelta del predecessore per lasciare anzitempo il pontificato, Francesco disse di Benedetto XVI: “è un uomo di fede, tanto umile”; “dobbiamo guardare a lui come ad un’istituzione”.

Come avere il nonno saggio in casa

Qualche mese dopo, tornando questa volta in agosto dal Viaggio in Corea, i giornalisti gli chiesero espressamente del suo rapporto con Papa Ratzinger, e Francesco disse innanzitutto che Benedetto XVI con il suo gesto aveva di fatto istituito il Papato emerito, aprendo “una porta che è istituzionale, non eccezionale”. Circa i rapporti, “è di fratelli, davvero”; “lo sento come se avessi il nonno a casa per la saggezza”, “mi fa bene ascoltarlo. E anche mi incoraggia molto”.

“Come avere il nonno saggio in casa”, Francesco lo ripete nell’incontro con gli anziani del settembre 2014, quando ringrazia pubblicamente Benedetto XVI per la sua presenza all’evento.

Il 16 aprile 2015, durante la Messa mattutina nella Casa Santa Marta, ricorrendo l’ottantottesimo compleanno dell’emerito, Francesco ha invitato i presenti a unirsi a lui nella preghiera per Benedetto XVI, “perché il Signore lo sostenga e gli dia tanta gioia e felicità”.

Grande uomo di preghiera e di coraggio

Nel giugno 2016 è la volta di una nuova domanda dei giornalisti sul volo di ritorno dall’Armenia. Qui Francesco ha aggiunto che per lui “è l’uomo che mi custodisce le spalle e la schiena con la sua preghiera”. Tra l’altro “è un uomo di parole, un uomo retto, retto, retto”, “grande uomo di preghiera, di coraggio”.

Maturità, dedizione e fedeltà

Quindi l’atto di commemorazione per il 65º del sacerdozio, quello stesso mese, dove Francesco aggiunse che dal piccolo Monastero dove Benedetto XVI risiede, “promana una tranquillità, una pace, una forza, una fiducia, una maturità, una fede, una dedizione e una fedeltà che mi fanno tanto bene e danno tanta forza a me e a tutta la Chiesa”.

Per il “Premio Ratzinger” 2016 immancabile - “ancora una volta” - l’espressione del “nostro grande affetto e la nostra riconoscenza” per Benedetto XVI, “che continua ad accompagnarci anche ora con la sua preghiera”.

Presenza discreta e incoraggiante

“La sua preghiera e la sua presenza discreta e incoraggiante ci accompagnano nel cammino comune; la sua opera e il suo magistero continuano a essere un’eredità viva e preziosa per la Chiesa e per il nostro servizio”, saranno invece le parole pronunciate per la stessa ricorrenza l’anno successivo. Ratzinger, per Papa Francesco, “continua ad essere un maestro e un interlocutore amico per tutti coloro che esercitano il dono della ragione per rispondere alla vocazione umana della ricerca della verità”. 

Stima, affetto e gratitudine vengono poi ripetute negli anni successivi. Nel 2019 Papa Francesco esplicita il ringraziamento “per l’insegnamento e l’esempio che ci ha dato nel servire la Chiesa riflettendo, pensando, studiando, ascoltando, dialogando, pregando, perché la nostra fede si conservi viva e consapevole nonostante il mutare dei tempi e delle situazioni, e perché i credenti sappiano rendere conto della loro fede con un linguaggio capace di farsi intendere dai loro contemporanei e di entrare in dialogo con essi, per cercare insieme le vie dell’incontro con Dio nel nostro tempo”.

Il contemplativo del Vaticano

Al termine dell’Angelus del 29 giugno 2021, ricorrendo il 70º dell’ordinazione sacerdotale di Papa Benedetto XVI, Francesco lo definisce “caro padre e fratello”, “il contemplativo del Vaticano, che spende la sua vita pregando per la Chiesa e per la diocesi di Roma, della quale è vescovo emerito”. Quindi gli rivolge un grazie per la “testimonianza credibile” e lo “sguardo continuamente rivolto verso l’orizzonte di Dio”.

Al conferimento del “Premio Ratzinger” 2022, Francesco ribadisce che “non mancano per me momenti di incontro personale, fraterno e affettuoso, con il Papa emerito”, evidenziando come tutti sentano “la sua presenza spirituale e il suo accompagnamento nella preghiera per la Chiesa intera: quegli occhi contemplativi che sempre mostra”.

Testimonianza di amore fino alla fine

Infine, il riferimento all’udienza generale dopo il Natale, il 28 dicembre 2022, quando ha invitato i presenti e tutta la Chiesa a intensificare le preghiere per colui “che nel silenzio sta sostenendo la Chiesa”, affinché il Signore “lo sostenga in questa testimonianza di amore alla Chiesa, fino alla fine”.

Giovanni Tridente

sabato 10 dicembre 2022

Le dieci richieste che Papa Francesco ha affidato all’Immacolata lungo il pontificato


Con oggi, 8 dicembre 2022, è la decima volta che Papa Francesco torna ai piedi della statua dell’Immacolata, in Piazza di Spagna a Roma, per un Atto di venerazione. Un appuntamento che non ha voluto mancare anche nei momenti più bui della pandemia, gli ultimi due anni, cambiando la modalità e presentandosi allora davanti alla Madonna da solo, al mattino presto, in forma privata.

Quest’anno la tradizione è stata ripristinata e ad accogliere Papa Francesco c’erano nuovamente numerosi pellegrini e ammalati che hanno cinto la piazza in forma ordinata, come in un grande abbraccio, lungo i lati della storica Piazza Mignanelli, dove si affaccia anche il maestoso edificio che ospita l’Ambasciata di Spagna presso la Santa Sede.

Ci pare interessante, in questa circostanza, ripercorrere le richieste di affidamento che fino ad oggi il Pontefice ha rivolto alla Vergine Maria nel giorno in cui si celebra la sua Immacolata Concezione, dogma della Chiesa stabilito da Pio IX l’8 dicembre di 168 anni fa (1854) con la bolla Ineffabilis Deus.

2022 – L’amore filiale di chi anela a speranza e consolazione

Nella preghiera di quest’anno, che ha fatto seguito alla ultracentesima visita alla Basilica di Santa Maria Maggiore davanti all’icona della Salus Populi Romani, Papa Francesco ha esordito ricordando i tanti “fiori invisibili” che sono le invocazioni e le suppliche, spesso silenziose, soffocate o nascoste, dei fedeli alla
Vergine Immacolata. E ha detto di portare ai piedi della Madonna “l’amore filiale” di quanti anelano a speranza e consolazione, “i sorrisi dei bambini”; “la gratitudine di anziani e vecchi”, “le preoccupazioni delle famiglie”, “i sogni e le ansie dei giovani”, che scontano una cultura ricca di cosa ma povera di valori… Immancabile il riferimento all’Ucraina e al popolo martoriato che supplica la pace. La speranza finale è che l’odio vinca sull’amore, la menzogna sulla verità, l’offesa sul perdono e la guerra sulla pace.

2021 - Cura e guarigione da malattie, guerre e crisi climatica

Lo scorso anno, presenti ancora le restrizioni dovute all’emergenza sanitaria, Papa Francesco si è recato in Piazza in forma privata, intorno alle 6 del mattino, deponendo alla base della colonna che sorregge la Vergine un cesto di rose bianche. La preghiera che ha rivolto in quella occasione ha riguardato – secondo il racconto che ne ha fatto il direttore della Sala Stampa della Santa Sede – “il miracolo della cura, per i tanti malati; della guarigione, per i popoli che soffrono duramente per le guerre e la crisi climatica; e della conversione, perché sciolga il cuore di pietra di chi innalza muri per allontanare da sé il dolore degli altri”.

2020 – Per quanti sono afflitti dallo scoraggiamento

L’anno prima, nel 2020, c’era la pioggia a fare compagnia al Pontefice in una piazza ugualmente deserta; in un primo momento dalla Santa Sede avevano comunicato che l’Atto non si sarebbe svolto, per cui la sorpresa è stata grande quando qualche ora dopo si è sapute che il Papa non aveva mancato l’appuntamento. Data la circostanza del periodo pandemico nel suo momento più duro, la preghiera di affidamento ha riguardato quanti nella Città di Roma e nel mondo “sono afflitti dalla malattia e dallo scoraggiamento”. Dopo Piazza di Spagna, il Papa si è poi diretto a Santa Maria Maggiore dove ha celebrato la Messa nella Cappella del Presepe.

2019 – Liberi dalle dipendenze più accanite e dai legami più criminosi

La preghiera recitata nel 2019 conteneva un esplicito riferimento ai tanti tipi di “corruzione”, che sono molto più pericolosi dell’essere peccatori che poi si pentono, poiché quando incide sul cuore, la corruzione rappresenta “il pericolo più grave”: “cattive intenzioni ed egoismi meschini”. Eppure, la richiesta di intercessione del Papa riguarda l’ancora di salvataggio, che attraverso Maria può giungere a chi è oppresso dalla sfiducia a causa del peccato perché anche nelle tenebre più fitte risplenda sempre “un raggio della luce di Cristo Risorto”, che spezza le catene del male e libera dalle dipendenze più accanite e dai legami più criminosi.

2018 – Per vivere la dolce gioia di evangelizzare

Perché la cura di ognuno renda la città “più bella e vivibile per tutti” e quanti rivestono ruoli di responsabilità vengano raggiunti da “saggezza, lungimiranza, spirito di servizio e di collaborazione”. È dedicata a Roma e alla sua Diocesi la preghiera del 2018, con uno sguardo particolare ai parroci, alle persone consacrate, ai laici che collaborano, affinché tutti vivano “la dolce gioia di evangelizzare”. Il Papa prega l’Immacolata anche di stare vicino a quanti, non solo a Roma ma anche in Italia e nel mondo intero, vivono situazioni di emarginazione e indifferenza.

2017 – Per spogliarsi di orgoglio e arroganza

Nella quinta occasione in cui il Santo Padre venerava la Madonna di Piazza di Spagna la richiesta ha riguardato il sostegno nella capacità di sviluppare gli “anticorpi” contro virus quali l’indifferenza, la “maleducazione civica”, la “paura del diverso e dello straniero”, il trasformismo che si veste da trasgressione, lo sfruttamento di uomini e donne. L’aiuto riguarda anche lo spogliarci di orgoglio e arroganza “per riconoscerci come veramente siamo: piccoli e poveri peccatori, ma sempre tuoi figli”.

2016 – Vicini a bambini, famiglie, lavoratori, a chi è smarrito e disprezzato

Al centro della preghiera del 2016 ci sono i bambini – soli, abbandonati, ingannati e sfruttati –, le famiglie – che si danno da fare ma anche soffrono la fatica di tanti problemi -, i lavoratori – sia chi ce l’ha che chi lo ha perso o non riesce a trovarlo. A tutti bisogna imparare a guardare “con rispetto e riconoscenza, senza interessi egoistici o ipocrisie”, ma anche a toccare con tenerezza chi è povero, malato, disprezzato, smarrito, solo. L’aiuto di Maria è per impegnarsi a fondo “per rinnovare noi stessi, questa città e il mondo intero”.

2015 – La vittoria della divina Misericordia sul peccato

“Guardando te, Madre nostra Immacolata, riconosciamo la vittoria della divina Misericordia sul peccato e su tutte le sue conseguenze” è l’invocazione del 2015, dove il Papa auspica la rinascita della speranza in una vita migliore per tutti e la liberazione da “schiavitù, rancori e paure”, certi della vicinanza della Madonna, che accompagna, è vicina e sostiene i suoi figli in ogni difficoltà.

2014 – Per imparare ad andare controcorrente

L’umanità sia libera da ogni schiavitù spirituale e materiale per far vincere “nei cuori e negli avvenimenti, il disegno di salvezza di Dio”, è l’invocazione che Papa Francesco ha rivolto nella seconda occasione in cui ha fatto visita alla Madonna di Piazza di Spagna, e già in quella occasione aveva parlato del superamento dell’orgoglio, del diventare misericordiosi verso i fratelli, imparando “ad andare controcorrente”: donandosi, facendo silenzio, liberandosi del superfluo, ascoltando e “lasciando spazio alla belle di Dio, fonte della vera gioia”.

2013 – Per suscitare un rinnovato desiderio di santità

A nove mesi dall’inizio del pontificato, il primo atto di venerazione richiama il “desiderio di santità” che la Vergine Maria suscita nei suoi figli, affinché sappiano far emergere “lo splendore della verità”, risuonare “il canto della carità”, rendere presente “la bellezza del Vangelo” attraverso cuori abitati da “purezza e castità”. Non lasci inoltre indifferente il grido dei poveri, la sofferenza dei malati, la solitudine degli anziani, la fragilità dei bambini, e “ogni vita umana sia da tutti noi sempre amata e venerata”.

L'articolo originale è stato pubblicato in spagnolo nella rivista OMNES: https://omnesmag.com/actualidad/las-diez-peticiones-papa-francisco-inmaculada/

Archivio

 

GIOVANE CHIESA Copyright © 2011 -- Template created by O Pregador -- Powered by Blogger