Nell'omelia il Papa ha tracciato in sintesi il senso di questo Anno della fede - "ricorrenza significativa" - ancorandolo principalmente al Concilio Vaticano II, ma anche a tutto il cammino compiuto dalla Chiesa a partire da quella iniziativa ecumenica, fino al Grande Giubileo del 2000. Un legame coerente che ha avuto "profonda e piena convergenza" su Cristo, "centro del cosmo e della storia" e "sull'ansia apostolica di annunciarlo al mondo".
Quale è dunque il senso dell'Anno della fede? "Ravvivare in tutta la Chiesa quella positiva tensione, quell'anelito a riannunciare Cristo all'uomo contemporaneo". Compiere una sorta di "pellegrinaggio nei deserti del mondo contemporaneo" portando solo "ciò che è essenziale", e cioè "il Vangelo e la fede della Chiesa", di cui i documenti dell'assise conciliare, insieme al Catechismo della Chiesa Cattolica pubblicato 20 anni fa, "sono luminosa espressione". Se la Chiesa propone un nuovo Anno della fede, dopo quello di Paolo VI del 1967, è perché "ce n'è bisogno, ancor più che 50 anni fa!".
In tutti questi anni, infatti, l'uomo contemporaneo ha sperimentato una "'desertificazione' spirituale", un mondo senza Dio, "il vuoto che si è diffuso". Ma non tutto è perduto, secondo Benedetto XVI. Oggi abbiamo l'opportunità di riscoprire nuovamente "la gioia di credere, la sua importanza vitale per noi uomini e donne". È nel deserto che si riscopre il "valore di ciò che è essenziale per vivere" e in definitiva il senso ultimo della vita. Però c'è urgente bisogno "di persone di fede che, con la loro stessa vita, indicano la via verso la Terra promessa e così tengono desta la speranza". Che cos'è evangelizzare se non la testimonianza di "una vita nuova, trasformata da Dio"?
Il Concilio - ha aggiunto il Papa - è stato "interamente animato dalla consapevolezza e dal desiderio di doversi immergere nuovamente nel mistero cristiano, per poterlo riproporre efficacemente all'uomo contemporaneo, senza sacrificare la bellezza della fede "alle esigenze del presente né tenerla legata al passato".
Perciò, oggi come allora, l'imperativo categorico è quello di "ravvivare in tutta la Chiesa quella positiva tensione, quell'anelito a riannunciare Cristo all'uomo contemporaneo", partendo da "una base concreta e precisa" che è il ritorno "alla 'lettera' del Concilio", e cioè ai suoi documenti, per "far sì che la medesima fede continui ad essere vissuta nell'oggi", pur in un mondo in costante cambiamento.
La celebrazione di apertura dell'Anno della fede è stata caratterizzata da alcuni segni specifici che hanno inteso offrire la prospettiva di andare oltre la commemorazione dell'evento conciliare, e tra questi la consegna dei sette messaggi finali del Concilio ad altrettanti esponenti dei governanti, degli intellettuali, degli artisti, delle donne, dei lavoratori, dei poveri, ammalati e sofferenti e dei giovani.
Giovanni Tridente
0 comments:
Posta un commento