"Abbiamo visto che la Chiesa anche oggi benché soffra tanto, come sappiamo, tuttavia è una Chiesa gioiosa, non è una Chiesa invecchiata, ma abbiamo visto che la Chiesa è giovane e che la fede crea gioia" (Benedetto XVI, 29 luglio 2010)

martedì 30 novembre 2010

La consolazione della fede, per chi vive Memor Domini

Pubblichiamo il Messaggio che il Santo Padre Benedetto XVI ha inviato per le Esequie della Memor Domini, Manuela Camagni, della Famiglia Pontificia, deceduta mercoledì scorso, di cui ha dato lettura Mons. Georg Gänswein nel corso della Liturgia Esequiale a San Piero in Bagno di Romagna:

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE

Cari fratelli e sorelle,

volentieri avrei presieduto le Esequie della cara Manuela Camagni, ma – come potete immaginare – non mi è stato possibile. Tuttavia, la comunione in Cristo permette a noi cristiani una reale vicinanza spirituale, in cui condividiamo la preghiera e l’affetto dell’anima. In questo vincolo profondo saluto tutti voi, in modo particolare i familiari di Manuela, il Vescovo diocesano, i sacerdoti, i Memores Domini, gli amici.

Vorrei qui offrire molto brevemente la mia testimonianza su questa nostra Sorella, che è partita per il Cielo. Molti di voi conoscono Manuela da lungo tempo. Io ho potuto beneficiare della sua presenza e del suo servizio nell’appartamento pontificio, negli ultimi cinque anni, in una dimensione familiare. Per questo desidero ringraziare il Signore per il dono della vita di Manuela, per la sua fede, per la sua generosa risposta alla vocazione. La divina Provvidenza l’ha condotta a un servizio discreto ma prezioso nella casa del Papa. Lei era contenta di questo, e partecipava con gioia ai momenti di famiglia: alla santa Messa del mattino, ai Vespri, ai pasti in comune e alle varie e significative ricorrenze di casa.

Il distacco da lei, così improvviso, e anche il modo in cui ci è stata tolta, ci hanno dato un grande dolore, che solo la fede può consolare. Molto sostegno trovo nel pensare alle parole che sono il nome della sua comunità: Memores Domini.

Meditando su queste parole, sul loro significato, trovo un senso di pace, perché esse richiamano ad una relazione profonda che è più forte della morte. Memores Domini vuol dire: "che ricordano il Signore", cioè persone che vivono nella memoria di Dio e di Gesù, e in questa memoria quotidiana, piena di fede e d’amore, trovano il senso di ogni cosa, delle piccole azioni come delle grandi scelte, del lavoro, dello studio, della fraternità. La memoria del Signore riempie il cuore di una gioia profonda, come dice un antico inno della Chiesa: "Jesu dulcis memoria, dans vera cordis gaudia" [Gesù dolce memoria, che dà la vera gioia del cuore].

Ecco, per questo mi dà pace pensare che Manuela è una Memor Domini, una persona che vive nella memoria del Signore. Questa relazione con Lui è più profonda dell’abisso della morte. E’ un legame che nulla e nessuno può spezzare, come dice san Paolo: "[Nulla] potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore" (Rm 8,39). Sì, se noi ricordiamo il Signore, è perché Lui, prima ancora, si ricorda di noi. Noi siamo memores Domini perché Lui è Memor nostri, ci ricorda con l’amore di un Genitore, di un Fratello, di un Amico, anche nel momento della morte. Sebbene a volte possa sembrare che in quel momento Lui sia assente, che si dimentichi di noi, in realtà noi siamo sempre presenti a Lui, siamo nel suo cuore. Ovunque possiamo cadere, cadiamo nelle sue mani. Proprio là, dove nessuno può accompagnarci, ci aspetta Dio: la nostra Vita.

Cari fratelli e sorelle, in questa fede piena di speranza, che è la fede di Maria presso la croce di Gesù, ho celebrato la santa Messa di suffragio per Manuela la mattina stessa della sua morte. E mentre accompagno con la preghiera il rito cristiano della sua sepoltura, imparto con affetto ai familiari, alle consorelle e a tutti voi la mia Benedizione.

lunedì 29 novembre 2010

Una rete di radio cattoliche in tutto il Centro America

I Vescovi del Centro America hanno deciso durante l'Assemblea plenaria tenuta in Costa Rica, di creare un Network delle radio cattoliche per la regione. 

"Ci sono 60 stazioni di radio broadcasting in Centro America e adempiono ad un ruolo fondamentale nei rapporti pubblici della vita della Chiesa", ha detto il Vescovo di San Marcos (Guatemala), Mons. Alvaro Ramazzini. "Queste radio aiutano nella lotta contro il crimine e la corruzione e sono di un valore inestimabile quando si tratta dell'aiuto umanitario e della promozione umana. Tutto questo è possibile perché i mezzi di comunicazione sono promotori di valori umani", ha aggiunto.

Mons. Alvaro Ramazzini ha incoraggiato tutti i sacerdoti del Centro America a invitare tutti i fedeli a far entrare la radio nelle loro case e, nella misura delle possibilità, a creare una radio nelle loro parrocchie. Allo stesso tempo ha rilevato che questo compito e questo servizio hanno dei costi per mantenere i programmi cattolici che sono in onda, quindi la creazione di questa "Rete" si presenta come una soluzione.

Si tratta di presentare la questione in modo che questa rete di stazioni possa costituirsi come una unione, dove ognuna possa aiutare l'altra con il supporto tecnico e finanziario.

Mons. Romulo Emiliani, Vescovo di San Pedro Sula, ha spiegato che "quando c'è una stazione radiofonica e il proprietario è un imprenditore, non è sempre facile assumere un impegno etico. In questo caso possiamo suggerire, ma non imporre. Ma quando siamo noi i proprietari, allora possiamo affrontare la sfida di Aparecida".

Da parte sua Mons. Gregorio Rosa, Vescovo ausiliare di San Salvador, ha osservato che "la sfida che propone Aparecida è conoscere la cultura digitale, e ci invita a usare un linguaggio corretto anche con le nuove tecnologie".

Queste dichiarazioni, riferite dalla Conferenza Episcopale del Costa Rica e dalle agenzie locali, sono state fatte ad Alajuela, in Costa Rica, dove si è tenuta la riunione annuale del Segretariato Episcopale dell'America Centrale (SEDAC), dal 22 al 26 novembre.

venerdì 26 novembre 2010

La vitalità della famiglia cristiana

“La famiglia cristiana è stata da sempre la prima via di trasmissione della fede e anche oggi ha grandi possibilità di evangelizzazione”. E’ una delle affermazioni-cardine, ispirate dal Magistero pontificio, con le quali il cardinale Ennio Antonelli ha aperto a Roma il Congresso internazionale promosso dal suo dicastero sul tema della famiglia come protagonista di specifiche azioni pasrtorali. 

Dibattiti e testimonianze si protrarranno fino a sabato prossimo, quando l’ultimo atto del Congresso si terrà nella Basilica Vaticana con la “Veglia della vita nascente” presieduta da Benedetto XVI.

Sessantasei esperienze giunte dai quattro angoli del pianeta per raccontare come oggi la famiglia è e può essere protagonista di una fede che cambia i cuori e la società. Sono quelle, su un totale delle 187 ricevute, che il Pontificio Consiglio per la Famiglia ha selezionato nel corso di un anno, dopo aver chiesto a tutti gli episcopati di raccogliere e di segnalare le più significative.

Con questi numeri, il cardinale Antonelli ha introdotto il lavori di un Congresso che – ha affermato davanti alla platea dei 200 partecipanti – nelle intenzioni del dicastero rappresenta “l’inaugurazione ufficiale di un processo permanente di comunicazione delle esperienze e delle testimonianze di pastorale familiare”. “Vorremmo attivare – ha spiegato – un processo continuato nel tempo di raccolta e messa in circolazione, dopo adeguato discernimento, delle esperienze che sono ritenute più rilevanti e più idonee a ispirare e stimolare altre nuove esperienze”.

Questo perché, ha soggiunto rievocando un’idea di Benedetto XVI, “le esperienze parlano con il linguaggio dei fatti e sono più persuasive delle idee, perché non indicano solo ciò che si deve fare, ma anche ciò che con l’aiuto di Dio è possibile fare”.

Mamme, papà e figli di varie espressioni ecclesiali, Azione Cattolica, Movimento dei Focolari, Neocatecumenali e altri, si sono alternati al microfono per raccontare in che modo il cristianesimo ha dato un’anima alla loro famiglia.

Educazione dei bambini e degli adolescenti, preparazione dei fidanzati all’amore e al matrimonio, adozioni e volontariato, impegno politico e culturale: l’universo della famiglia cristiana sarà analizzato in ogni aspetto e irrobustito volta per volta dal peso di testimonianze esemplari per “creatività” e fede. E tuttavia, ha precisato il cardinale Antonelli, “non si tratta solo di esemplarità dei buoni cristiani, ma di sacramentalità ecclesiale; non solo di buon uso della libertà umana, ma di accoglienza della grazia divina; non solo di amore cristiano, ma dell’amore stesso di Cristo, accolto, portato e manifestato a tutti”.

Per arrivare a questo grado di responsabilità delle famiglie, ha proseguito il porporato, è necessario allora sviluppare una “pastorale della verità”, incentrata sull’importanza e la bellezza dell’annuncio cristiano, una “pastorale della santità”, attinente alla formazione di singoli e di comunità ecclesiali che evitino, ha detto, “di accontentarsi di una vita mediocre, vissuta all’insegna di un’etica minimalista e di una religiosità superficiale”, e di una “pastorale della misericordia”, fatta di apertura al dialogo, promozione dello sviluppo integrale dell’uomo, dei diritti umani, della famiglia, della società bene ordinata, fino all’elaborazione di forme concrete di impegno sociale.

-RV-

mercoledì 24 novembre 2010

Clausura, la preghiera che dona luce al mondo

Lontani dal pubblico clamore di voci e parole eppure così vicini al cuore degli uomini e alle loro speranze più intime. È questo volto ambivalente che fa dei monasteri di clausura un tesoro prezioso custodito nel seno della Chiesa ma offerto come una luce per il mondo intero.

Ed è con questa attenzione che domenica scorsa, 21 novembre, anche nella nostra Penisola le comunità cristiane locali si sono strette in preghiera attorno ai monaci e alle monache di clausura. La
Giornata pro orantibus, celebrata nel giorno in cui la liturgia colloca la memoria della Presentazione di Maria al Tempio, è stata così l’occasione per volgere lo sguardo sul mondo della clausura.

Mondo al quale è andato anche il pensiero di Benedetto XVI, che durante l’Angelus di domenica scorsa, giorno in cui la Chiesa si è stretta «con particolare affetto alle monache e ai monaci di clausura», ha inviato «a sostenere concretamente queste comunità» e ha impartito loro la sua benedizione.

A istituire la ricorrenza fu, il 21 novembre 1953, papa Pio XII, che voleva così riunire gli sforzi per dare un aiuto concreto alle comunità di vita contemplativa claustrale. Per la memoria liturgica di quel giorno lo stesso Pacelli compose una preghiera rivolta alla Vergine. «Mutate le menti ai malvagi – chiedeva il Pontefice alla Madonna –, asciugate le lagrime degli afflitti e degli oppressi, confortate i poveri e gli umili, spegnete gli odi, addolcite gli aspri costumi, custodite il fiore della purezza nei giovani, proteggete la Chiesa santa, fate che gli uomini tutti sentano il fascino della cristiana bontà». In queste parole oggi è facile vedere rispecchiato il mandato affidato alle claustrali.

E i numeri parlano di una missione che continua ad affascinare, anche se mettono in luce le difficoltà cui vanno incontro queste comunità soprattutto nel Vecchio Continente, dove le vocazione sono in continuo calo (tra il 1998 e il 2008 le professe sono diminuite di un terzo in Europa). Africa, Asia e America del Sud assistono, invece, a vere e proprie fioriture di vocazioni.

In tutto il mondo (i dati sono aggiornati al 31 dicembre 2008) in 3.421 monasteri si contano circa 43.400 monache professe, 3.100 professe temporanee, 1.900 novizie e circa 1.950 postulanti, per un totale di oltre 50 mila persone. Considerando i dati per singoli continenti, però, il quadro che ne esce è quello di un’Europa che conta il 60% delle professe perpetue e dei monasteri ma meno del 40% delle postulanti, novizie e professe temporanee. Inverso l’andamento in Sud America, dove si passa dall’attuale 18% delle professe perpetue a più del 33% tra le «nuove leve». Il dato si triplica, inoltre, in Africa, con il 4% delle professe perpetue ma circa il 12% tra le postulanti, novizie e «temporanee» di tutto il mondo. In Asia si passa dal 7% delle perpetue all’11% delle «nuove forze».
 
Matteo Liut

martedì 23 novembre 2010

I 25 anni del Movimento di Vita Cristiana

Quest'anno si festeggia il 25° anniversario della fondazione del Movimento di Vita Cristiana (MVC), e migliaia di persone si riuniranno il 27 novembre nel Collegio di La Recoleta a Lima, capitale del Perù. 

L'incontro, che ha per tema "Con gratitudine e speranza", vedrà la partecipazione di rappresentanti delle province del Perù e di membri del MVC dei diversi paesi.

Come riferisce il Coordinatore generale del MVC, Eduardo Regal, con questo incontro "si vuole rendere grazie a Dio per tutte le benedizioni ricevute durante questo tempo, rinnovare l'identità del MVC ed impegnarci nella missione che il Signore ci ha affidato: trasformare la realtà come ha fatto il Signore Gesù, con la speranza propria dei figli di Dio".

Il MVC è uno spazio comunitario per incontrare il Signore Gesù, nel quale si cerca di vivere una vita cristiana autentica ed impegnata. Impegnandosi ad accogliere la grazia che lo Spirito riversa nei nostri cuori, i membri scoprono l'invito ad incontrare il Signore Gesù, per annunciare e proclamare il Vangelo della riconciliazione nel mondo.

L'incontro del 27 novembre sarà caratterizzato anche dall'esibizione di gruppi musicali del folklore cattolico latinoamericano.

Il MVC è stato fondato nel 1985 dal laico peruviano Luis Fernando Figari. Nel 1994 la Santa Sede ha approvato il MVC come Associazione di Diritto Pontificio. Il Movimento di Vita Cristiana è un movimento ecclesiale con una spiritualità e uno stile proprio nella comunione della Chiesa, e che fa parte della Famiglia Sodalite

Per ulteriori informazioni: http://www.mvcitalia.com/

lunedì 22 novembre 2010

La "creatività" del cristianesimo, nella gioia dei giovani

Così Benedetto XVI, in un'anticipazione del libro "Luce del mondo. Il Papa, la Chiesa e i segni dei tempi. Una conversazione con Peter Seewald", in distribuzione da domani, martedì 23 novembre.

"Se si osserva con più attenzione – ed è quello che mi è possibile fare grazie alle visite dei vescovi di tutto il mondo  e  anche  ai  tanti  altri  incontri – si  vede che il cristianesimo in questo momento sta sviluppando anche una creatività del tutto nuova [...]

"La burocrazia è consumata e stanca. Sono iniziative che nascono dal di dentro, dalla gioia dei giovani. Il cristianesimo forse assumerà un volto nuovo,  forse anche un aspetto culturale diverso. Il cristianesimo non determina l'opinione pubblica mondiale, altri ne sono alla guida. E tuttavia il cristianesimo è la forza vitale senza la quale anche le altre cose non potrebbero continuare ad esistere. Perciò, sulla base di quello che vedo e di cui riesco a fare personale esperienza, sono molto ottimista rispetto al fatto che il cristianesimo si trovi di fronte ad una dinamica nuova".

venerdì 19 novembre 2010

Incontro di spiritualità familiare, a Termoli

Si svolgerà domenica, con inizio alle ore 10, presso la Parrocchia di San Francesco di Termoli, l’incontro di Spiritualità Familiare voluto ed organizzato dall’Ufficio per la Pastorale Familiare della diocesi di Termoli-Larino, diretto da don Mario Colavita. Tema dell’appuntamento sarà “Stile di vita della famiglia cristiana”.

“Uno stile di vita non può nascere -si legge da una nota di don Mario Colavita, direttore dell’Ufficio per la Pastorale Familiare- da una serie di regole, al contrario, lo stile della famiglia cristiana nasce dall’amore, un amore vero, concreto, sincero che è radicato nel Cristo lo Sposo della Chiesa, famiglie di famiglie.
 
Spiritualità allora, non è vivere la vita sulle nuvole, al contrario, spiritualità vuol dire accogliere il cammino di fede, credere con tutto il cuore, accettare la lotta contro Invisibile, e con l’Amato ed affidarsi a Lui. L’amore coniugale come fondamento dello stile della vita familiare cristiana non è cosa da poco, l’amore dei coniugi diventa affermazione di dono. C’è una singolare espressione di Dionigi areopagita (V sec. d.C) che dice: “L’amore genera la comunicazione. L’amore non permette che chi ama rimanga in se stesso, ma lo obbliga ad uscire, a donarsi al mondo” .

Parlare di stile e stili di vita della famiglia cristiana oggi tocca non solo le famiglie, ma la società intera. Ricorda don Mario: “Se la politica e gli uomini politici hanno assunto uno stile che è distante dalle aspettative della gente e dai desideri buoni, se l’economia è ridotta a puro mercato, l’educazione a scelte che privilegiano i gusti e piaceri se tutto questo ci porta a stili, comportamenti, modi di ragionare e di relazionarci sempre più distanti dalla proposta cristiana, allora, dobbiamo domandarci se questa è la vita buona/bella cristiana oppure l’abbiamo manipolata, stravolgendola”.

Negli orientamenti pastorali per il decennio i vescovi italiani si sono molto soffermati nell’incoraggiare e rafforzare, con specifici itinerari di spiritualità, le famiglie che a loro volta possono aiutare la parrocchia a diventare “famiglie di Famiglie”: Gruppi di sposi possono costituire modelli di riferimento anche per le coppie in difficoltà, oltre che aprirsi al servizio verso i fidanzati e i genitori che chiedono il battesimo per i figli, verso le famiglie segnate da gravi difficoltà, disabilità e sofferenze. Si sente il bisogno di coppie cristiane che affrontino i temi sociali e politici che toccano l’istituto familiare, i figli e gli anziani. Sostenere adeguatamente la famiglia, con scelte politiche ed economiche appropriate, attente in particolare ai nuclei numerosi, diventa un servizio all’intera collettività (Orientamenti pastorali per il decennio 2010/2020, n.38).

Sarà don Paolo Gentili direttore nazionale della pastorale familiare a tracciare alcune piste di lavoro per le famiglie partecipanti sul tema: una spiritualità che cambia lo stile in famiglia e tra le famiglie.
Per le 12.30 è prevista la celebrazione dell’eucarestia presieduta dal vescovo monsignor Gianfranco De Luca, seguirà il pranzo e i gruppi di studio alle 15.

giovedì 18 novembre 2010

La storia di Govindo, gemma preziosa della creazione

Quella di Govindo è stata una storia avventurosa, drammatica, bellissima e misteriosa. E interrogando questo mistero in questi giorni mi si è fissata in cuore l’immagine, indelebile, di venerdì scorso, il giorno della morte: tutta la mia famiglia in ginocchio, in lacrime e in preghiera, attorno al letto di Govindo che ci lasciava. Ecco dunque una prima risposta, un primo pezzo di quel mistero: Govindo, come una lanterna viva, ha tenuto insieme la mia famiglia. Poi in quella stessa immagine ho visto anche un piccolo patriarca che, dal suo letto di morte, con i suoi occhi da bambino posati su di noi benchè mezzi nascosti da una maschera ad ossigeno non adatta per il suo piccolo viso, diceva: vi ho rifornito di amore fino ad oggi, continuerò a farlo anche dopo. E’ per questo che non di strazio vi voglio parlare ma di gratitudine. E ho tanti grazie da dire.

Innanzitutto grazie Te Signore della vita, che hai chiamato all’esistenza Govindo, senza di Te Govindo non poteva esserci. Tu gli hai disegnato un destino pieno di sorprese, scritto con tante matite colorate, con tante persone. E ci hai anche ridetto attraverso di lui il Tuo sistema preferito, il Tuo trucco per farTi trovare: Tu nascondi le gemme più preziose della Tua creazione in involucri da poco (anche se Govindo era bellissimo), poveri, fragili, malati. In involucri spesso rifiutati. Come disse la sister all’orfanotrofio a Calcutta a mia moglie Marina: non prendete un bambino sano, prendete uno di quelli che nessuno vuole. E che affare abbiamo fatto! Grazie Signore. 

Grazie alla Madonna, che in tutti questi anni, densi di problemi e di tribolazioni, che non sono mancate, ed anche di gioie e di allegria, non ci ha mai fatto mancare nulla, ha tenuto tutta la mia famiglia sotto il Suo manto protettivo. Ci tengo a ringraziarla qui, in questa chiesa dedicata alla Vergine del Carmelo, alla Madonna della Traspontina, di cui sono devoto perché è la mia parrocchia. E, dovete sapere, che Govindo ha avuto una apparizione di questa venerata Madonna. Qui devo aggiungere un grazie a Mario, membro della Confraternita dello scapolare, che ogni anno porta in processione nel quartiere di Borgo la bella statua della Madonna che vedete nella Cappella lì a sinistra. Bene, non posso dimenticare quella volta che Mario fece fermare la Madonna sotto casa mia, abitiamo al primo piano, perchè vide da sotto Govindo affacciato in braccio a me. E così la Madonna ci ha salutato appena fuori della finestra, ci ha quasi guardati in faccia e ci fu uno spontaneo applauso dei fedeli in processione. Non posso dimenticare questo gesto di benevolenza. Dunque grazie a Mario, che conosco appena di vista e grazie a Maria Vergine.


Govindo ha avuto tanti amici. Lo vediamo anche oggi in questa chiesa così piena. Ma oggi si prega per lui in varie parti del mondo, a Buenos Aires, a Gerusalemme, a Calcutta, a Milano (il giorno dopo ho saputo anche in Africa e in Cina, ndr). Ne voglio ringraziare alcuni: il Coro che ha addolcito questa liturgia. Grazie. Gli amici della prima ora - come la nostra padrona di casa Paola che nei primi tempi, quando io e Marina dovevamo lavorare, ha portato con la sua macchina Gogo a riabilitazione, grazie Paola - e quelli dell’ultima ora, come don Mario, il sacerdote che abbiamo chiamato venerdì per l’Estrema Unzione e lui invece ha proposto di cresimarlo, regalando così a Govindo una madrina in extremis come Sister Elena, che si trovava lì al capezzale ed è stata nominata lì, sul campo. Grazie don Mario. E poi tanti amici non solo miei e di Marina, ma anche dei miei figli, i quali hanno esibito sempre Gogo come una medaglia e l’hanno fatto conoscere a tutti i loro amici, che ora vedo qui. Grazie. E poi grazie a voi colleghi di lavoro miei e di Marina, che in questi anni mi avete spesso chiesto come stava Gogo, che in questi giorni mi avete inondato di sms (ho cercato di rispondere a tutti). In ogni messaggio c’era una stilla di affetto sincero. Vi ringrazio.

Govindo è arrivato in una famiglia numerosa, ma era anche circondato da famiglie numerose. Perciò ha avuto tanti parenti. Troppi per menzionarli tutti. Ma qualcuno lo voglio ricordare, innanzitutto le due nonne: la nonna Liliana che lo ha preceduto qualche mese fa andando a fare un picchetto d’onore di famiglia in Paradiso, e la nonna Klara, che è qui, ed ha ha condiviso fino all’ultimo le ansie e le gioie di Govindo. Gli zii li salto perché sono troppi, così anche i cugini. Voglio invece spendere due parole sui nipotini di Govindo, i figli dei cugini nati in questi dodici anni e che guardavano questo strano bambino che non cresceva, che restava sempre uguale mentre loro ogni anno diventavano più grandi, che non mangiava per bocca come loro bensì tramite un tubo, che negli ultimi anni aveva anche un po’ di barba ma una corporatura più piccola della loro; facevano all’inizio, timorosi, qualche domanda perplessa, poi alla fine Gogo è diventato per tutti una presenza familiare su cui riversavano il loro affetto di bambini. Grazie ai nipotini di Bruxelles e di Milano. Da ultimo grazie a mia sorella Margherita e a suo marito Maurizio, a Nicola e Gigina di Gallipoli per essersi assunti davanti alla legge l’impegno di occuparsi di Govindo nel caso della scomparsa dei suoi genitori adottivi. Grazie anche a voi, senza le vostre firme Govindo non sarebbe arrivato.

Govindo - lo abbiamo sentito nell’omelia di padre Bernardo - ha avuto tante mamme. Quella Celeste l’ho già ringraziata. Voglio qui ringraziare la mamma carnale, che io non conosco. Tu hai abbandonato tuo figlio, sicuramente in preda all’angoscia, non so perché, forse la malattia incurabile, d’altra parte in India con un sistema sociale così diverso dal nostro… forse altro. Non so, forse ci pensi ancora. Sicuramente ti è costato molto. Grazie perché non lo hai soppresso, lo hai dato a chi poteva farlo vivere. Stai sicura che Gogo ora pensa anche al tuo bene e anche noi preghiamo per te.E qui siamo arrivati ad una mamma potente, madre di tantissimi figli, come Madre Teresa. Cara Madre, ti devo delle scuse perché in questi giorni di intenso dolore in cui ho pregato tanto ed ho chiesto di pregare perché Govindo ci fosse risparmiato mi sono sentito un po’ in conflitto di preghiera con te. Ho infatti avuto il sospetto che tu invece pregassi perché avevi voglia di tornare a giocare con lui come accadeva nell’ultimo anno della tua vita, quando Govindo all’orfanotrofio era diventato un po’ la tua mascotte. E ho immaginato che in Cielo si fosse aperto un arbitrato, quale preghiera deve vincere? Naturalmente non c’è stato nessun arbitrato e le tue preghiere hanno vinto perché tu, Beata, conosci il vero bene delle persone e di Govindo. Un bene che ha come misura l’infinito Bene e che spacca, supera, i criteri umani, anche quelli buoni e sinceri dei nostri affetti più profondi. Grazie Madre a te ed alle tue figlie che hanno voluto tanto bene a Govindo, da sister Shanta che lo imboccava col riso all’orfanotrofio di Shishu Bavan a Sister Elena madrina di cresima. Ultima mamma è arrivata Marina, mia moglie. Grazie Marina. Questa parte della storia di Govindo è iniziata con te, nel novembre di 14 anni fa quando hai incontrato Govindo a Calcutta, dove ti aveva mandato il tuo direttore per un servizio su Madre Teresa – grazie anche a te direttore, sei stato strumento inconsapevole, se non avessi inviato Marina Govindo non sarebbe arrivato -. Da uno di quegli slanci del tuo cuore generoso, che ho imparato ormai a conoscere in questi quasi trenta anni di matrimonio, è fuoriuscito quello sguardo di intesa tra te e Govindo che è all’origine del suo arrivo nella nostra famiglia. Ho conosciuto poi da vicino le tue angosce, le tue premure, le tue tenerezze le tue fatiche di mamma. Grazie Marina per tutto questo.In appendice a Marina non posso non ringraziare i miei splendidi figlioli, la vice mamma Maria, la primogenita, che ha accudito il fratellino quando papà e mamma erano al lavoro e le donne erano di riposo – a proposito grazie anche a loro, a Nella, Marya, Dorina, Halina -; grazie alla assennata Angela che, a differenza di tutti noi, si è assunta l’onere di fare le punture di antibiotico nel corpicino gracile del fratellino in questi ultimi giorni, noi non osavamo, lei ha preso il coraggio a due mani e le ha fatte; grazie a Cristina, che è stata la cantante, la fotografa, lo vestiva per le foto, e quindi è stata modista per Gogo; grazie a Luigi, il compagno prediletto di giochi.

Da ultimo un doppio grazie a te, figlio mio. Mi hai fatto sentire una papà scelto da suo figlio, prescelto, mi hai fatto sentire un papà migliore di quello che ero, non mi hai mai lesinato un sorriso, mi hai sempre cercato con le tue braccia, ti sei sempre avvinghiato al mio collo, anche quando non ero d’umore giusto. Mi hai reso, insieme coi tuoi fratelli, un papà felice. Grazie figlio mio.Il secondo grazie te lo preannuncio soltanto. La mia anima così appesantita da peccati, incoerenze, aridità, non può competere con la tua, così pura, limpida, innocente e perciò vicinissima a Dio. Però ho ancora una carta da giocare, sono tuo padre, mi devi l’obbedienza, ti chiedo perciò di aiutarmi a trasformare, d’ora innanzi, questo vuoto che mi annichilisce, che ci annichilisce, vero Marina?, in qualcosa di buono, in una nuova forma di quel bene che tanto ci hai regalato. Tu sei un figlio buono e so che lo farai. E io allora verrò a dirti il mio secondo grazie, quello definitivo, di persona, quando Iddio vorrà. Ciao figliolo amato.

(Tommaso R.)

martedì 16 novembre 2010

Preghiera, formazione e servizio, così i Giovani in Cina

Con la Parola di Dio e le opere caritative, per consolidare la fede sotto la guida dello Spirito Santo: questo è l'obiettivo del Gruppo di Preghiera "Cinque Nuove Piaghe" nato nella parrocchia di Yu Lin della diocesi di Yan An, della provincia dello Shaan Xi, in Cina.

Si tratta della prima iniziativa giovanile della comunità locale, e si è costituita ufficialmente il 5 novembre con una solenne Eucaristia, dopo mesi di preparazione spirituale e logistica. Secondo il parroco, che ha conferito il mandato missionario ai giovani del Gruppo, "vogliamo che i giovani cattolici possano migliorare la propria vita di fede, intensificare la vita di preghiera e servire tutti i bisognosi. Quindi preghiera, formazione e servizio sono la nostra risposta concreta alle 'Cinque Nuove Piaghe‚ di Gesù: l'unità della Chiesa, i sacerdoti, la famiglia universale, i conflitti della guerra e la profanazione dell'Eucaristia". 

Il primo centinaio di membri dei Gruppo ha partecipato al ritiro spirituale e, dopo la confessione, alla Santa Messa durante la quale hanno ricevuto la Comunione.

L'attuale circoscrizione ecclesiastica di Yan‚an (Yulin), che si estende su un'area di oltre 80.000 kmq nelle campagne del nord dello Shaanxi, conta circa 50.000 fedeli, 20 sacerdoti, una decina di seminaristi e 24 religiose appartenenti alle due Congregazioni delle Suore Missionarie di Nostra Signora della Cina e delle Missionarie di Maria. Vi sono 20 chiese, una ventina di altri luoghi di culto, tre dispensari rurali e una scuola elementare cattolica.
Giovedì 15 luglio, Sua Ecc. Mons. Giovanni Battista Yang Xiaoting, 46 anni d'età e 19 di sacerdozio, è stato consacrato Vescovo Coadiutore di Yan an (Yulin). Egli era stato approvato dalla Santa Sede per l'ufficio episcopale. Le Autorità governative hanno permesso la sua ordinazione.

- Fides -

lunedì 15 novembre 2010

"Chiamata, comunione e missione" per i laici della Diocesi di Hong Kong

"Seguitemi” (Mc 1,17) è il tema dell’Anno dei Laici 2011 indetto dalla diocesi di Hong Kong con il sottotitolo “Chiamata, Comunione e Missione”. All’annuncio ufficiale dell’evento, che ha avuto luogo nella Giornata Missionaria mondiale, i due vicari generali della diocesi hanno confermato l’obiettivo fondamentale dell’Anno dei Laici: i fedeli vivano con lo spirito della gioia l’identità cristiana, per costruire una comunità fondata sulla comunione, realizzando la missione dell’evangelizzazione.

Secondo quanto riferisce Kong Ko Bao (il bollettino diocesano in versione cinese ripreso dall'agenzia Fides), il presidente della Commissione preparatoria, il vicario generale mons. Domenico Chang, ha detto: “vogliamo invitare i fedeli a scoprire nuovamente la grazia di Battesimo, a riaccendere lo zelo della vita di fede e dell’evangelizzazione”.

Secondo mons. Michael Yeung Ming Cheung, vicario diocesano, “l’Anno dei Laici sottolinea la conversione e la missione dei fedeli, mentre auspichiamo la stretta collaborazione tra fedeli e sacerdoti per costruire la Chiesa”.

Per invocare l’aiuto del Signore per raggiungere questi obiettivi, la diocesi organizzerà una Veglia di preghiera il 31 dicembre. Anche i sacerdoti diocesani sono comunque mobilitati per l’Anno dei Laici: durante il loro ritiro del mese di gennaio, il missiologo padre Stephen Bevans è stato invitato a guidare la direzione spirituale del ritiro per aiutare i sacerdoti a condividere l’impegno ecclesiale con i laici.

venerdì 12 novembre 2010

In Sierra Leone i Saveriani annunciatori del Vangelo nelle scuole


L'8 luglio 2010 i Missionari Saveriani hanno celebrato i 60 anni dal loro arrivo nella Sierra Leone. 

L'arrivo dei Saveriani a Makeni, nell'attuale Provincia del Nord, ha segnato un cambio significativo per la storia di quel Paese: il suo pieno sviluppo grazie soprattutto all'educazione promossa dai missionari. I Padri dello Spirito Santo, arrivati nella Colonia Britannica già nel 1864, con i Padri Blanchet e Koeberle, avevano limitato la loro presenza alla Penisola di Freetown e, lentamente, col procedere della ferrovia, si erano addentrati nella parte Sud del Paese, molto più prospera e sviluppata.

Non si avventurarono mai verso il Nord, ad eccezione di Lunsar (1933), un importante centro minerario per l'estrazione del ferro, per seguire le famiglie dei numerosi operai provenienti dal Sud.

Con la volontà di Propaganda Fide di affidare ai Missionari Saveriani la parte Nord del Protettorato Britannico, gli Spiritani furono costretti dalla Santa Sede ad aprire una stazione missionaria anche a Makeni (1949), per dare la possibilità a quanti arrivavano di avere un punto di riferimento e così poter lavorare nel nuovo territorio. I Saveriani si misero subito al lavoro. Pochi giorni dopo il loro arrivo nella Sierra Leone, P. Azzolini scrisse ai superiori: «L'11 mattina [1950] P. Calza e io siamo partiti per la nostra destinazione, Makeni; P. Olivani e P. Stefani nel pomeriggio per Lunsar.  Ho il grande piacere di comunicarle che sia a Freetown sia qui a Makeni i Padri sono stati molto buoni, gentili, cordiali».

A Makeni si trovarono catapultati sul limite estremo di quello che era stato, seppur per un breve periodo, l'impero musulmano di Samori Touré, proprio sulla rotta commerciale del grande traffico che collegava Freetown, la capitale coloniale, con l'interno, che era appartenuto agli imperi musulmani del Futa Jallon e di Samori Touré, nati dalle terrificanti Jihad della spada. Era questa la rotta commerciale che promuoveva l'arabo per comunicare tra un chief e l'altro, per registrare i contratti commerciali o per tenere la contabilità, e che ora, con i suoi commerci, diffondeva pacificamente la religione dell'Islam.

I Saveriani, su quelle antiche rotte commerciali costruirono il nuovo mondo della Sierra Leone, per mezzo della Buona Notizia, che veniva annunciata nelle scuole di ogni ordine e grado. La metodologia sperimentata dai primi missionari cristiani del XVII secolo, Gesuiti e Cappuccini, fu quella di predicare il Vangelo e stabilire comunità cristiane partendo dalla costa e risalendo i fiumi verso l'interno.

Era un modo facile per spostarsi da un luogo all'altro, in una terra dove le strade non esistevano ancora. I Musulmani, d'altro lato - che si diffondevano a partire dal grande oceano del deserto, il Sahel - entrarono nei territori della Sierra Leone, scendendo dal Nord, percorrendo i fiumi principali del Paese.

I Saveriani, che si trovarono proprio al centro del paese, non fecero altro che fare il percorso inverso dei musulmani e, a partire da dove terminava la ferrovia, si avventurarono verso i confini estremi del Paese. Se così si può dire, i Saveriani erano gli ultimi arrivati e, secondo le regole del gioco, avrebbero dovuto adattarsi o sottomettersi agli arrivati prima di loro, in particolare ai numerosi e prolifici gruppi protestanti"...

giovedì 11 novembre 2010

Giornata di preghiera in Italia per i cristiani in Iraq

Domenica 21 novembre, in tutte le parrocchie e le diocesi italiane si pregherà per i cristiani perseguitati in Iraq e per i loro persecutori. Lo ha annunciato il Presidente della Cei, Cardinale Angelo Bagnasco, nella Conferenza stampa a conclusione della 62ma Assemblea generale dei Vescovi italiani, riunita ad Assisi.

Il porporato ha rilanciato il concetto di unità “sui valori morali di fondo”, quale “impegno irrinunciabile di tutti i cattolici che si impegnano in politica, per essere presenza critica, di pace e propositiva, là dove si trovano”. Un’unità valoriale - ha puntualizzato - “che non è costitutiva di una parte precisa”, ma base della quale “c’è l’etica della vita, come ceppo vivo e vitale dell’etica sociale”, “valori che riguardano la vita nella sua integrità, la famiglia, la libertà religiosa ed educativa.

Tutti valori che a loro volta fanno crescere, alimentano, garantiscono tutti quegli altri valori che costituiscono i valori sociali, come il lavoro, la casa, la salute, l’inclusione”. Interpellato riguardo il “richiamo” lanciato nella prolusione, al saper armonizzare le proprie “pulsioni”, il cardinale ha risposto che la “capacità di orientare le proprie scelte” “vale per tutti”, nello spirito del “bisogno di formazione permanente che sta al cuore degli Orientamenti pastorali: intelletto, cuore, volontà devono crescere in modo integrato ed equilibrato in ciascuno”, perché “nessuno di noi è arrivato mai totalmente, nella formazione di noi stessi”.

I politici sono tutti uguali?, hanno domandato i giornalisti. “E’ come dire che gli uomini sono tutti uguali”, ha risposto il cardinale Bagnasco, per il quale “siamo tutti uguali e diversi: l’uguaglianza è nella nostra dignità fondamentale di persone umane, nella nostra vocazione terrena e celeste, ognuno però porta le proprie qualità, i propri orientamenti, le proprie convinzioni. Qui sta la diversità: vale per qualunque comunità, anche per il mondo politico”. Di qui la necessità di “prendere atto di questa sostanziale uguaglianza che ci induce al rispetto per le persone, e nel contempo della diversità che ognuno di noi porta con sé”.

Nella nota finale dell’Assemblea consegnata alla stampa si sottolinea “il clima di affetto collegiale” che ne ha caratterizzato i lavori, dedicati ad alcune questioni rilevanti, anticipate nella prolusione del presidente della Cei: “i processi di secolarizzazione in atto e le condizioni per una nuova evangelizzazione, chiave del rinnovamento spirituale e morale; il ruolo della religione in ambito politico-sociale e il contributo dei cattolici; la vicinanza operosa e propositiva delle Chiese alle famiglie provate dalla crisi economica e dalla disoccupazione; la liturgia, incontro tra il volto dell’uomo e quello di Dio in Gesù Cristo”.

“Proprio l’ambito liturgico, posto al centro dei lavori, - informa la nota - ha visto l’esame e l’approvazione della prima parte dei testi della terza edizione italiana del Messale Romano”. “Un congruo spazio di riflessione e di confronto è stato dedicato alla raccolta di proposte per l’attuazione degli Orientamenti pastorali recentemente pubblicati e incentrati sull’educazione; al rapporto tra le Chiese e l’Unione Europea; al rilancio delle erogazioni liberali per il sostentamento del clero”.

Si è parlato infine della XXVI Giornata Mondiale della Gioventù a Madrid nell’agosto 2011, del XXV Congresso Eucaristico Nazionale ad Ancona, nel settembre 2011 e del VII Incontro Mondiale delle Famiglie a Milano, nel maggio-giugno 2012.

Radio Vaticana

mercoledì 10 novembre 2010

In India "Segni d'amore" in lingua Tamil

Si chiama Anbin Suvadugal, ovvero Segni d'amore, il nuovo magazine edito dai guanelliani in India e realizzato interamente in lingua Tamil. 

"Obiettivo dell'iniziativa - si legge in una nota di padre Rajesh, incaricato della comunicazione dei guanelliani in India - è dare voce nel mondo Tamil al carisma della Carità, vero dono del nostro fondatore, il beato Luigi Guanella". 

Il progetto pianificato lo scorso anno ha visto già l'edizione di 4 numeri e rappresenta un mezzo per far conoscere la spiritualità guanelliana nella società. 

La rivista infatti non viene distribuita solo all'interno della Provincia, ma anche alle famiglie, ai parenti e ai vicini che in qualche modo vengono indirettamente a conoscenza della presenza delle missioni guanelliane. Circa 600 al momento gli abbonati. 

All'interno della rivista, articoli di approfondimento della spiritualità, pedagogia e missione guanelliana, notizie ed eventi delle comunità indiane e contributi di coloro che ricevono il periodico.

lunedì 8 novembre 2010

Il Papa: "siamo fatti per la Bellezza", "ogni uomo è un vero Santuario di Dio"

La Messa per la dedicazione del tempio della Sagrada Familia a Barcellona, l’Angelus, la visita all’opera benefico-sociale del “Nen Déu”, la cerimonia di congedo. Sono stati i momenti centrali della visita di Benedetto XVI a Barcellona, secondo e ultimo giorno del suo viaggio in Spagna realizzato dal 6 al 7 novembre.

La bellezza di Dio. “Questo giorno è un punto significativo in una lunga storia di aspirazioni, di lavoro e di generosità, che dura da più di un secolo”, ha dichiarato Benedetto XVI, nell’omelia della Santa Messa per la dedicazione della chiesa della Sagrada Familia, “meravigliosa sintesi di tecnica, di arte e di fede”. Ricordando ciascuna delle persone che hanno reso possibile quest’opera, il Papa ha rivolto un pensiero soprattutto a “colui che fu anima e artefice di questo progetto: Antoni Gaudí, architetto geniale e cristiano coerente, la cui fiaccola della fede arse fino al termine della sua vita, vissuta con dignità e austerità assoluta”. In questo ambiente, ha evidenziato il Pontefice, “Gaudí volle unire l’ispirazione che gli veniva dai tre grandi libri dei quali si nutriva come uomo, come credente e come architetto: il libro della natura, il libro della Sacra Scrittura e il libro della Liturgia. Così unì la realtà del mondo e la storia della salvezza, come ci è narrata nella Bibbia e resa presente nella Liturgia”. In questo modo, “collaborò in maniera geniale all’edificazione di una coscienza umana ancorata nel mondo, aperta a Dio, illuminata e santificata da Cristo. E realizzò ciò che oggi è uno dei compiti più importanti: superare la scissione tra coscienza umana e coscienza cristiana, tra esistenza in questo mondo temporale e apertura alla vita eterna, tra la bellezza delle cose e Dio come Bellezza”. In realtà, “la bellezza è la grande necessità dell’uomo; è la radice dalla quale sorgono il tronco della nostra pace e i frutti della nostra speranza. La bellezza è anche rivelatrice di Dio perché, come Lui, l’opera bella è pura gratuità, invita alla libertà e strappa dall’egoismo”.

Dio amico dell’uomo. Sulla base della fede, è stato l’invito del Santo Padre, “cerchiamo insieme di mostrare al mondo il volto di Dio, che è amore ed è l’unico che può rispondere all’anelito di pienezza dell’uomo. Questo è il grande compito, mostrare a tutti che Dio è Dio di pace e non di violenza, di libertà e non di costrizione, di concordia e non di discordia. In questo senso, credo che la dedicazione di questa chiesa della Sacra Famiglia, in un’epoca nella quale l’uomo pretende di edificare la sua vita alle spalle di Dio, come se non avesse più niente da dirgli, è un avvenimento di grande significato”. Gaudí, con la sua opera, ha ricordato Benedetto XVI, “ci mostra che Dio è la vera misura dell’uomo, che il segreto della vera originalità consiste, come egli diceva, nel tornare all’origine che è Dio”. Quest’affermare Dio, ha aggiunto, “porta con sé la suprema affermazione e tutela della dignità di ogni uomo e di tutti gli uomini”. Così sono “unite la verità e la dignità di Dio con la verità e la dignità dell’uomo. Nel consacrare l’altare di questa chiesa, tenendo presente che Cristo è il suo fondamento, noi presentiamo al mondo Dio che è amico degli uomini, e invitiamo gli uomini ad essere amici di Dio”.

A favore della famiglia e della vita. “L’iniziativa della costruzione di questa chiesa si deve all’Associazione degli Amici di san Giuseppe, che vollero dedicarla alla Sacra Famiglia di Nazaret – ha affermato il Papa -. Da sempre, il focolare formato da Gesù, Maria e Giuseppe è stato considerato una scuola di amore, preghiera e lavoro”. Da allora “le condizioni di vita sono profondamente cambiate e con esse si è progredito enormemente in ambiti tecnici, sociali e culturali”, ma “non possiamo accontentarci di questi progressi. Con essi devono essere sempre presenti i progressi morali, come l’attenzione, la protezione e l’aiuto alla famiglia, poiché l’amore generoso e indissolubile di un uomo e una donna è il quadro efficace e il fondamento della vita umana nella sua gestazione, nella sua nascita, nella sua crescita e nel suo termine naturale”. Solo laddove “esistono l’amore e la fedeltà, nasce e perdura la vera libertà”. Perciò, la Chiesa invoca “adeguate misure economiche e sociali affinché la donna possa trovare la sua piena realizzazione in casa e nel lavoro, affinché l’uomo e la donna che si uniscono in matrimonio e formano una famiglia siano decisamente sostenuti dallo Stato, affinché si difenda come sacra e inviolabile la vita dei figli dal momento del loro concepimento, affinché la natalità sia stimata, valorizzata e sostenuta sul piano giuridico, sociale e legislativo. Per questo, la Chiesa si oppone a qualsiasi forma di negazione della vita umana e sostiene ciò che promuove l’ordine naturale nell’ambito dell’istituzione familiare”.

Un grande rosario. Anche all’Angelus, guidato dalla piazza della chiesa della Sagrada Familia, dopo aver ricordato la beatificazione, a Porto Alegre, in Brasile, di Maria Barbara della Santissima Trinità, fondatrice della Congregazione delle Suore del Cuore Immacolato di Maria, il Pontefice ha parlato di Gaudí, che, “con la sua opera, voleva portare il Vangelo a tutto il popolo. Per questo concepì i tre portici all’esterno come una catechesi su Gesù Cristo, come un grande rosario, che è la preghiera dei semplici, dove si possono contemplare i misteri gaudiosi, dolorosi e gloriosi di Nostro Signore”. Non solo: “In collaborazione con il parroco, don Gil Parés, disegnò e finanziò con i propri risparmi la creazione di una scuola per i figli dei muratori e per i bambini delle famiglie più umili del quartiere, allora un sobborgo emarginato di Barcellona”.

Attenzione alla persona. Un invito alle autorità “a prodigarsi perché i più svantaggiati siano sempre raggiunti dai servizi sociali” e riconoscenza “a coloro che sostengono con il loro generoso aiuto entità assistenziali di iniziativa privata”. Li ha espressi, nel pomeriggio, il Santo Padre, nella visita all’opera benefico-sociale del “Nen Déu” (Divino Infante) di Barcellona. “In questi momenti, in cui molte famiglie sperimentano serie difficoltà economiche – ha avvertito Benedetto XVI -, dobbiamo moltiplicare, come discepoli di Cristo, i gesti concreti di solidarietà, tangibile e continua, mostrando così che la carità è il distintivo del nostro essere cristiani”. “Con lo sforzo di questa e altre analoghe istituzioni ecclesiali – a cui si aggiungerà la nuova Residenza che avete desiderato portasse il nome del Papa – si mostra chiaramente che, per il cristiano, ogni uomo è un vero santuario di Dio, che deve essere trattato con sommo rispetto e affetto, soprattutto quando si trova nel bisogno”, ha sottolineato il Papa. “Nella cura dei più deboli, molto hanno contribuito i formidabili progressi della sanità negli ultimi decenni, che sono stati accompagnati dalla crescente convinzione dell’importanza che ha, per il buon risultato del processo terapeutico, un rapporto umano attento – ha aggiunto -. Perciò, è esigenza dell’essere umano che i nuovi sviluppi tecnologici nel campo medico non vadano mai a detrimento del rispetto per la vita e la dignità umana, in modo che coloro che soffrono malattie o disabilità psichiche o fisiche possano ricevere sempre quell’amore e quelle attenzioni che permettano loro di sentirsi valorizzati come persone nelle loro necessità concrete”.

“Moltissime grazie”. Il Pontefice le ha rivolte, in serata, nella cerimonia di congedo, all’aeroporto internazionale di Barcellona, prima di rientrare in Vaticano, ai reali spagnoli, agli arcivescovi di Santiago di Compostela e di Barcellona, all’episcopato spagnolo e a tante persone che, “senza risparmiare sacrifici, hanno collaborato perché questo viaggio riuscisse felicemente”. Preservare e accrescere il “ricco patrimonio spirituale” della Spagna, ha detto il Santo Padre, “è segno non solo dell’amore di un Paese verso la propria storia e cultura, ma è anche una via privilegiata per trasmettere alle giovani generazioni quei valori fondamentali tanto necessari per edificare un futuro di convivenza armoniosa e solidale”. Poi ha espresso l’auspicio che la fede “trovi nuovo vigore in questo Continente, e si trasformi in fonte di ispirazione, facendo crescere la solidarietà e il servizio verso tutti, specialmente i gruppi umani e le Nazioni più bisognose”. Richiamando la dedicazione della Sagrada Familia e la visita all’opera benefico-sociale del “Nen Déu”, Benedetto XVI ha osservato che “sono come due simboli, nella Barcellona di oggi, della fecondità di quella stessa fede, che segnò anche le profondità di questo popolo e che, attraverso la carità e la bellezza del mistero di Dio, contribuisce a creare una società più degna dell’uomo. In effetti, la bellezza, la santità e l’amore di Dio portano l’uomo a vivere nel mondo con speranza”. Prima di partire ha dato appuntamento “a Madrid il prossimo anno, per celebrare la Giornata mondiale della gioventù”. 

- Sir -

sabato 6 novembre 2010

Cosa pensano i giovani dell'amicizia? Il Movimento di Vita Cristiana a caccia di "scoop"

Oggi ho deciso di non raccontare una iniziativa di "giovane Chiesa" ma di farla vedere attraverso un filmato messo a disposizione dagli stessi produttori, gli amici del Movimento di Vita Cristiana, che hanno percorso i maggiori luoghi di ritrovo della città di Roma e intervistato la nostra gioventù in merito al tema dell'amicizia (se esiste, quando finisce e se la si può instaurare con Dio...).


 

Ne emerge uno spaccato della società odierna, soprattutto di ciò che pensano i giovani. 

Il risultato sono tante opportunità di evangelizzazione, tante sfide a cui fare fronte... ma vi invito al tempo stesso ad un gioco, e cioè a "scoprire le differenze" tra le distinte risposte e a vedere come, in fondo, tutto sommato, la bontà vince sempre. 
  
Questi giovani sono sostanzialmente buone persone, hanno solo bisogno che qualcuni li prenda per mano e li accompagni alla scoperta di qualcosa di incantevole. 

Per quelli che invece questo cammino già lo stanno facendo, i risultati si vedono eccome.
Coraggio!

venerdì 5 novembre 2010

Iraq, i cristiani si affidano alla Madonna di Lourdes

"Restate accanto a noi, pregate per noi. Abbiamo bisogno del vostro sostengo fraterno e morale": è l'appello che i Vescovi iracheni, a nome di tutti i cristiani dell'Iraq, hanno rivolto a tutti i fedeli e ai Vescovi francesi, riuniti da ieri, 4 novembre a Lourdes, per l'Assemblea plenaria della Conferenza Episcopale.

In un messaggio inviato ai Presuli d'oltralpe, i Vescovi iracheni si affidano alla speciale intercessione della Madonna di Lourdes, affinchè il Signore possa proteggerli in questo momento di grande sofferenza.

Il messaggio, che sarà letto domenica 7 novembre in tutte le parrocchie della Francia, afferma: "Il nostro calvario è pesante e ci sembra lungo. Il massacro della chiesa di Nostra Signora del Soccorso ci ha profondamente scosso, ma non perdiamo la fede e la speranza". 

L'evento di inaudita gravità, avvenuto proprio dopo la conclusione del Sinodo, "ci sciocca ancora di più", dicono i Vescovi.

"Abbiamo dunque bisogno della vostra preghiera, del vostro sostegno fraterno e morale. La vostra amicizia di incoraggia a rimanere nella nostra terra, a perseverare a sperare. Senza tutto ciò ci sentiamo isolati. Abbiamo bisogno della vostra compassione di fronte a tutto ciò che colpisce la vita di innocenti, cristiani e musulmani. Restate con noi - conclude il testo - restate con noi finchè il flagello sia passato".

giovedì 4 novembre 2010

"Seguimi", un cammino spirituale per i giovani lungo un anno

I mesi che verranno saranno mesi particolari per la pastorale giovanile italiana: il 2011 infatti sarà l’anno della XXVI Giornata Mondiale della Gioventù che si svolgerà dal 16 al 21 agosto a Madrid, del Congresso Eucaristico Nazionale che si svolgerà ad Ancona dal 3 all’11 settembre, l’anno di inizio del decennio pastorale voluto dai vescovi italiani e dedicato al grande tema dell’educazione; anche per l’ONU il 2011 sarà l’anno internazionale della Gioventù ed il movimento mondiale degli scout, nel luglio del prossimo anno, avrà un incontro mondiale chiamato Jamboree, in Svezia.

Per questo tempo che sta per iniziare, il Servizio Nazionale per la Pastorale Giovanile con la collaborazione di altri uffici, servizi e organismi della Conferenza Episcopale Italiana, di tante associazioni e movimenti e di molti ragazzi, ha preparato un libro per tutti i giovani italiani; si tratta di un cammino spirituale lungo un anno, secondo il ciclo liturgico, che partirà dal 28 novembre 2010 al 27 novembre 2011.

Il libro è disponibile nelle librerie cattoliche dal 25 ottobre 2010 oppure direttamente presso l’editore a prezzi molto contenuti; il desiderio è infatti quello che il testo si diffonda non solo attraverso i sacerdoti e gli educatori ma anche da giovane a giovane, “da amico ad amico” sotto forma di un regalo o di un aiuto per fare un percorso di fede insieme.

Speriamo che i giovani, fra le pagine, possano trovare molti stimoli: testimonianze, immagini, testi della Parola di Dio, inviti alla preghiera, proposte di impegni di servizio e di carità, percorsi missionari, scritti del Santo Padre Benedetto XVI e del magistero. 
 
Il cammino proposto potrebbe essere, per qualcuno, difficile; la fiducia nei giovani e nella loro sete di cose autentiche e profonde ci ha spinti ad osare! La speranza è che, eventualmente, i giovani possano chiedere aiuto ai loro sacerdoti od ai loro educatori; in questo modo, da una difficoltà, potrebbe nascere un nuovo dialogo sulla fede.

mercoledì 3 novembre 2010

La "Parola" nel cuore della notte... per i giovani a Catania

La "Parola" nel cuore della notte è l'iniziativa promossa dall'Ufficio per la Pastorale Giovanile dell'Arcidiocesi di Catania tutti i giovedì notte dalle 20.00 alle 23.00. 

L'incontro, rivolto principalmente ai giovani, si svolge presso Via Biscari, 10 (tra la Collegiata e Via Sangiuliano) e prevede innanzitutto l'ascolto della Parola con brevi spunti di riflessione sul Vangelo della domenica (dalle 20.30 alle 21.00); un momento di meditazione In silenzio con la Parola, per stare "a tu per tu con il Signore" (dalle 21.30 alle 22.00) ed un'ora di condivisione delle fede "per dare a tutti la possibilità di comunicare" (dalle 22.00 alle 23.00). 

Il terzo giovedì del mese è prevista inoltre la celebrazione della Santa Messa.

Nel depliant-invito distribuito ai destinatari, si legge:


martedì 2 novembre 2010

Cristiani e musulmani si incontrano dai Focolari, a Loppiano

Oltre 600 partecipanti, fra cristiani e musulmani provenienti da tutta la penisola, e circa venti tra presidenti, rappresentanti e Imam di altrettante comunità islamiche in Italia. Sono i numeri della giornata promossa a Loppiano, nei pressi di Firenze, dal Movimento dei Focolari, dedicata al dialogo fra cristiani e musulmani. 

Dal titolo “Percorsi comuni per la fraternità”, l’incontro ha inteso proporre “corresponsabilità sociale, cittadinanza attiva e lavoro in rete” quali “antidoti alla paura del diverso” e ribadire che il dialogo interreligioso, capace di nutrirsi della ricchezza insita nella diversità, “non è un optional ma è la religione vissuta”. 

“Attendevamo questo giorno da anni: il giorno in cui noi, musulmani e cristiani in Italia, potessimo incontrarci per costruire insieme il presente e il futuro del Paese - ha detto la teologa musulmana dell’Iran Shahrzad Houshmand che ha aperto la giornata – L’Italia ha bisogno di luce e speranza. Vogliamo contribuire ad alimentarla”. 

Nel susseguirsi degli interventi l’incontro – si legge in un comunicato dei Focolari – “ha ripercorso le tappe di vent’anni di conoscenza, scambio e accoglienza reciproca con l’alternarsi di riflessioni spirituali tratte sia dal Corano che dalla Bibbia, e brani musicali della tradizione Sufi”, ed ha riproposto ai presenti l’intervento video di Chiara Lubich, fondatrice del movimento, alla convention interreligiosa di Washington, nel 2000: “Continuare tutti insieme questa pacifica marcia verso l’unità – era l’esortazione della Lubich – che serva a fare del terzo millennio non un’interminabile sequenza di guerre, come è accaduto in passato, ma a comporre in unità le genti”. 

Diversi i messaggi pervenuti dalle autorità civili e religiose, fra cui il saluto di Maria Voce, presidente dei Focolari, che ha auspicato che la testimonianza offerta durante la giornata possa servire al bene del Paese. 

Un incoraggiamento a proseguire sulla strada del dialogo è giunto da mons. Mansueto Bianchi, delegato Cei per il dialogo interreligioso, che ha invitato a contrastare “l’idea falsa che si sta facendo strada nella cultura dell’occidente, secondo cui l'esperienza religiosa fomenterebbe divisioni e intolleranze”.

lunedì 1 novembre 2010

I santi fanno bella la Chiesa

Amo i santi perché la loro frequentazione mi rende ottimista. Quando li incontro, nella memoria della Chiesa o nella vita quotidiana, mi sento portato altrove dal soffio tonificante dello Spirito, lungi dai lamenti catastrofici sul nostro tempo, al di sopra dell'amarezza desolante e dalla sfiducia nel futuro.

Essi soffrono per il male, ma sanno che il bene è più forte. Non si lamentano. Pregano e agiscono. Prima di denunciare gli altri, fanno i conti con se stessi, mettendo ordine in casa propria.

Amo i santi perché hanno fatto e fanno bella la Chiesa.
Quando sento, anche in questi giorni, voci di sfiducia nei suoi confronti, mi onoro di presentarli, con una punta di orgoglio familiare, come i risultati più riusciti delle sue fatiche, i fiori più profumati del suo campo, la sua gloria, sempre vivi e nuovi anche negli inverni più gelidi.

Amo i santi perché in ciascuno di loro riconosco un tratto del volto di Cristo.
E, contemplando la loro straordinaria varietà, mi viene da pensare che la storia abbia per scopo segreto quello di comporre, epoca dopo epoca, il disegno dell'incomparabile volto del mio Signore, proprio attraverso le loro sempre nuove fattezze: in uno il suo volto sofferente, nell'altro il volto rasserenante, in quello il volto misericordioso, nell'altro il volto operoso.
Sempre un volto con lo sguardo verso l'alto, per meglio servire chi sta accanto.

Amo i santi feriali, quelli che crescono silenziosamente nelle persone che corrono dalla mattina alla sera per onorare il loro compito, e talvolta non sanno di alimentarli dentro di sé, tanto sono umili e generose.

Esse sorridono là dove altri imprecano, sono fedeli là dove altri desistono, perdonano là dove altri covano vendetta, "lieti nella speranza, costanti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera" (Romani, 12, 12).

Amo i santi perché son partiti da mediocri come me, ma guardando Te, o mio Signore, si sono staccati da se stessi, si sono messi a disposizione del tuo Spirito e in tal modo sono stati inventivi, contribuendo a risolvere problemi di annuncio, di servizio, di dialogo, di convivenza, di rinnovamento.

Non mi stancherò mai di amare i santi perché spero sempre che mi diano una mano per camminare libero come loro lungo la loro via, che è la tua.
Perché lì, sulla tua e loro strada, Tu possa trovami quando mi comanderai di venire a te, a lodarti per sempre assieme a loro. 

di Pier Giordano Cabra  (Osservatore Romano)

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