Quando parliamo di nuovi media, troppo spesso attribuiamo al termine “nuovo” un significato che sposta verso il futuro una realtà che, invece, è ormai consolidata nel presente e che inizia ad avere anche una certa storia. Il nostro modo di comunicare è cambiato e questa trasformazione è entrata a pieno titolo nel vissuto quotidiano di ogni persona, perfino di quelle che non sono online. Da tempo, anche le istituzioni della Chiesa hanno preso atto di questa trasformazione, e molte modalità di comunicazione hanno trovato nel digitale un ambiente particolarmente adatto all’incontro tra le persone.
Il volume "La missione digitale. Comunicazione della Chiesa e social media" (a cura di G. Tridente e B. Mastroianni) nasce proprio con l’intento di offrire una riflessione agile in questo ambito. La prospettiva è quella di esplorare le dinamiche online, per trarne spunti professionali per chi si occupa di uffici comunicazione di istituzioni ecclesiali o di servizio sociale legate alla Chiesa.
Il testo non è rivolto soltanto agli addetti ai lavori, ma a chiunque voglia fare della sua presenza nella conversazione globale un’occasione per cooperare al bene comune. Oggi, infatti, la comunicazione non è più un semplice affare per professionisti (giornalisti e comunicatori) ma qualcosa a cui ciascuno contribuisce con la sua vita in Rete. Educatori, genitori, artisti, ecclesiastici, religiosi, volontari: tutti sono chiamati a dare il loro apporto, giacché il Web non è solo uno strumento, ma un ambiente da abitare, in cui si possono costruire legami e arricchire le proprie esperienze.
L’approccio dei saggi che compongono l’edizione è di tipo propositivo. Esistono fin troppi testi, in letteratura, pronti ad analizzare i pericoli e i rischi che la tecnologia digitale porta con sé. In queste pagine, invece, si parte dal presupposto inverso: ogni nuovo scenario di comunicazione – coinvolgendo donne e uomini – porta con sé le luci e le ombre della condizione umana, ed è proprio in considerazione della capacità di far luce che le ombre si possono dissipare. Pertanto, non si troveranno ragionamenti – seppur importanti – sullo “spegnere la tecnologia” o sul “mettere regole” per limitarne l’uso, quanto piuttosto su “cosa c’è da fare” nel momento in cui i dispositivi sono accessi e connessi a quel mondo fatto di relazioni interpersonali costituito dalla Rete.
Il continente digitale è popolato da comunità e gruppi di ogni tipo, da linguaggi e tradizioni, da culture e rituali molto diversi tra loro. Così come i primi missionari non ebbero alcun timore, di fronte a nuovi popoli e nuove culture, di incontrare l’altro nei suoi bisogni, nei suoi interessi, nella sua identità – in una parola: nella sua umanità – anche oggi la Chiesa si trova di fronte a questa missione digitale.
Il Vangelo, infatti, come dice Papa Francesco, è una buona notizia che parla all’uomo di felicità, perché parla di un incontro, quello con Gesù. Servono uomini e donne presenti online capaci di portare la gioia di quell’incontro fondamentale. Per fare questo, come i primi missionari occorre conoscere il terreno e le tradizioni dei popoli del Web, i loro linguaggi e il loro modo di entrare in relazione.
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