"Abbiamo visto che la Chiesa anche oggi benché soffra tanto, come sappiamo, tuttavia è una Chiesa gioiosa, non è una Chiesa invecchiata, ma abbiamo visto che la Chiesa è giovane e che la fede crea gioia" (Benedetto XVI, 29 luglio 2010)

mercoledì 29 maggio 2013

Francesco: è proprio la Chiesa che ci porta Cristo e ci porta a Dio

Estratto della catechesi di Papa Francesco nell'Udienza generale del 29 maggio 2013.

* Qual è questo progetto di Dio [sull'umanità]? E’ fare di tutti noi un’unica famiglia dei suoi figli, in cui ciascuno lo senta vicino e si senta amato da Lui, come nella parabola evangelica, senta il calore di essere famiglia di Dio.

* In questo grande disegno trova la sua radice la Chiesa, che non è un’organizzazione nata da un accordo di alcune persone, ma - come ci ha ricordato tante volte il Papa Benedetto XVI - è opera di Dio, nasce proprio da questo disegno di amore che si realizza progressivamente nella storia.

* La Chiesa nasce dal desiderio di Dio di chiamare tutti gli uomini alla comunione con Lui, alla sua amicizia, anzi a partecipare come suoi figli della sua stessa vita divina.

* La stessa parola "Chiesa", dal greco ekklesia, significa "convocazione": Dio ci convoca, ci spinge ad uscire dall’individualismo, dalla tendenza a chiudersi in se stessi e ci chiama a far parte della sua famiglia. E questa chiamata ha la sua origine nella stessa creazione.

* Dio ci ha creati perché viviamo in una relazione di profonda amicizia con Lui, e anche quando il peccato ha rotto questa relazione con Lui, con gli altri e con il creato, Dio non ci ha abbandonati.

* Quando leggiamo i Vangeli, vediamo che Gesù raduna intorno a sé una piccola comunità che accoglie la sua parola, lo segue, condivide il suo cammino, diventa la sua famiglia, e con questa comunità Egli prepara e costruisce la sua Chiesa.

* Da dove nasce allora la Chiesa? Nasce dal gesto supremo di amore della Croce, dal costato aperto di Gesù da cui escono sangue ed acqua, simbolo dei Sacramenti dell’Eucaristia e del Battesimo.

Nella famiglia di Dio, nella Chiesa, la linfa vitale è l’amore di Dio che si concretizza nell’amare Lui e gli altri, tutti, senza distinzioni e misura. La Chiesa è famiglia in cui si ama e si è amati.

* Quando si manifesta la Chiesa? (...) quando il dono dello Spirito Santo riempie il cuore degli Apostoli e li spinge ad uscire e iniziare il cammino per annunciare il Vangelo, diffondere l’amore di Dio.

* Ancora oggi qualcuno dice: "Cristo sì, la Chiesa no". Come quelli che dicono "io credo in Dio ma non nei preti". Ma è proprio la Chiesa che ci porta Cristo e che ci porta a Dio; la Chiesa è la grande famiglia dei figli di Dio.

*Certo [la Chiesa] ha anche aspetti umani; in coloro che la compongono, Pastori e fedeli, ci sono difetti, imperfezioni, peccati, anche il Papa li ha e ne ha tanti, ma il bello è che quando noi ci accorgiamo di essere peccatori, troviamo la misericordia di Dio, il quale sempre perdona.

* Domandiamoci oggi: quanto amo io la Chiesa? Prego per lei? Mi sento parte della famiglia della Chiesa? Che cosa faccio perché sia una comunità in cui ognuno si senta accolto e compreso, senta la misericordia e l’amore di Dio che rinnova la vita?

* La fede è un dono e un atto che ci riguarda personalmente, ma Dio ci chiama a vivere insieme la nostra fede, come famiglia, come Chiesa.

FRANCESCO

venerdì 24 maggio 2013

Francesco: ecco come deve essere un Vescovo

Dall'omelia di Papa Francesco alla Professione di Fede con i Vescovi della Conferenza Episcopale Italiana nella Basilica di San Pietro, 23 maggio 2013.

Cari Fratelli nell'Episcopato,
Le Letture bibliche che abbiamo sentito ci fanno riflettere. A me hanno fatto riflettere tanto. Ho fatto come una meditazione per noi Vescovi, prima per me, Vescovo come voi, e la condivido con voi.

È significativo - e ne sono particolarmente contento - che il nostro primo incontro avvenga proprio qui, sul luogo che custodisce non solo la tomba di Pietro, ma la memoria viva della sua testimonianza di fede, del suo servizio alla verità, del suo donarsi fino al martirio per il Vangelo e per la Chiesa.

Questa sera questo altare della Confessione diventa così il nostro lago di Tiberiade, sulle cui rive riascoltiamo lo stupendo dialogo tra Gesù e Pietro, con l’interrogativo indirizzato all’Apostolo, ma che deve risuonare anche nel nostro cuore di Vescovi.

«Mi ami tu?»; «Mi sei amico?» (cfr Gv 21,15ss).
La domanda è rivolta a un uomo che, nonostante solenni dichiarazioni, si era lasciato prendere dalla paura e aveva rinnegato.

«Mi ami tu?»; «Mi sei amico?».
La domanda è rivolta a me e a ciascuno di noi, a tutti noi: se evitiamo di rispondere in maniera troppo affrettata e superficiale, essa ci spinge a guardarci dentro, a rientrare in noi stessi.

«Mi ami tu?»; «Mi sei amico?».
Colui che scruta i cuori (cfr Rm 8,27) si fa mendicante d'amore e ci interroga sull'unica questione veramente essenziale, premessa e condizione per pascere le sue pecore, i suoi agnelli, la sua Chiesa. Ogni ministero si fonda su questa intimità con il Signore; vivere di Lui è la misura del nostro servizio ecclesiale, che si esprime nella disponibilità all'obbedienza, all'abbassamento, come abbiamo sentito nella Lettera ai Flippesi, e alla donazione totale (cfr 2,6-11).

Del resto, la conseguenza dell'amare il Signore è dare tutto - proprio tutto, fino alla stessa vita - per Lui: questo è ciò che deve distinguere il nostro ministero pastorale; è la cartina di tornasole che dice con quale profondità abbiamo abbracciato il dono ricevuto rispondendo alla chiamata di Gesù e quanto ci siamo legati alle persone e alle comunità che ci sono state affidate. Non siamo espressione di una struttura o di una necessità organizzativa: anche con il servizio della nostra autorità siamo chiamati a essere segno della presenza e dell'azione del Signore risorto, a edificare, quindi, la comunità nella carità fraterna.

Non che questo sia scontato: anche l'amore più grande, infatti, quando non è continuamente alimentato, si affievolisce e si spegne. Non per nulla l'Apostolo Paolo ammonisce: «Vegliate su voi stessi e su tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha costituiti come custodi per essere pastori della Chiesa di Dio, che si è acquistata con il sangue del proprio Figlio» (At 20,28).

La mancata vigilanza - lo sappiamo - rende tiepido il Pastore; lo fa distratto, dimentico e persino insofferente; lo seduce con la prospettiva della carriera, la lusinga del denaro e i compromessi con lo spirito del mondo; lo impigrisce, trasformandolo in un funzionario, un chierico di stato preoccupato più di sé, dell'organizzazione e delle strutture, che del vero bene del Popolo di Dio. Si corre il rischio, allora, come l’Apostolo Pietro, di rinnegare il Signore, anche se formalmente ci si presenta e si parla in suo nome; si offusca la santità della Madre Chiesa gerarchica, rendendola meno feconda.

Chi siamo, Fratelli, davanti a Dio? Quali sono le nostre prove? Ne abbiamo tante; ognuno di noi sa le sue. Che cosa ci sta dicendo Dio attraverso di esse? Su che cosa ci stiamo appoggiando per superarle?
Come per Pietro, la domanda insistente e accorata di Gesù può lasciarci addolorati e maggiormente consapevoli della debolezza della nostra libertà, insidiata com'è da mille condizionamenti interni ed esterni, che spesso suscitano smarrimento, frustrazione, persino incredulità.

Non sono certamente questi i sentimenti e gli atteggiamenti che il Signore intende suscitare; piuttosto, di essi approfitta il Nemico, il Diavolo, per isolare nell'amarezza, nella lamentela e nello scoraggiamento.
Gesù, buon Pastore, non umilia né abbandona al rimorso: in Lui parla la tenerezza del Padre, che consola e rilancia; fa passare dalla disgregazione della vergogna – perché davvero la vergogna ci disgrega - al tessuto della fiducia; ridona coraggio, riaffida responsabilità, consegna alla missione.

Pietro, che purificato al fuoco del perdono può dire umilmente «Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene» (Gv 21,17). Sono sicuro che tutti noi possiamo dirlo di cuore. E Pietro purificato, nella sua prima Lettera ci esorta a pascere «il gregge di Dio [...], sorvegliandolo non perché costretti ma volentieri [...], non per vergognoso interesse, ma con animo generoso, non come padroni delle persone a noi affidate, ma facendoci modelli del gregge» (1Pt 5,2-3).

Sì, essere Pastori significa credere ogni giorno nella grazia e nella forza che ci viene dal Signore, nonostante la nostra debolezza, e assumere fino in fondo la responsabilità di camminare innanzi al gregge, sciolti da pesi che intralciano la sana celerità apostolica, e senza tentennamenti nella guida, per rendere riconoscibile la nostra voce sia da quanti hanno abbracciato la fede, sia da coloro che ancora «non sono di questo ovile» (Gv10,16): siamo chiamati a far nostro il sogno di Dio, la cui casa non conosce esclusione di persone o di popoli, come annunciava profeticamente Isaia nella Prima Lettura (cfr Is 2,2-5).

Per questo, essere Pastori vuol dire anche disporsi a camminare in mezzo e dietro al gregge: capaci di ascoltare il silenzioso racconto di chi soffre e di sostenere il passo di chi teme di non farcela; attenti a rialzare, a rassicurare e a infondere speranza. Dalla condivisione con gli umili la nostra fede esce sempre rafforzata: mettiamo da parte, quindi, ogni forma di supponenza, per chinarci su quanti il Signore ha affidato alla nostra sollecitudine. Fra questi, un posto particolare, ben particolare, riserviamolo ai nostri sacerdoti: soprattutto per loro, il nostro cuore, la nostra mano e la nostra porta restino aperte in ogni circostanza. Loro sono i primi fedeli che abbiamo noi Vescovi: i nostri sacerdoti. Amiamoli! Amiamoli di cuore! sono i nostri figli e i nostri fratelli!

Cari fratelli, la professione di fede che ora rinnoviamo insieme non è un atto formale, ma è rinnovare la nostra risposta al “Seguimi” con cui si conclude il Vangelo di Giovanni (21,19): porta a dispiegare la propria vita secondo il progetto di Dio, impegnando tutto di sé per il Signore Gesù. Da qui sgorga quel discernimento che conosce e si fa carico dei pensieri, delle attese e delle necessità degli uomini del nostro tempo.

Con questo spirito, ringrazio di cuore ciascuno di voi per il vostro servizio, per il vostro amore alla Chiesa.

E la Madre è qui! Vi pongo, e anche io mi pongo, sotto il manto di Maria, Nostra Signora.

Madre del silenzio, che custodisce il mistero di Dio,
liberaci dall'idolatria del presente, a cui si condanna chi dimentica.

Purifica gli occhi dei Pastori con il collirio della memoria:
torneremo alla freschezza delle origini, per una Chiesa orante e penitente.

Madre della bellezza, che fiorisce dalla fedeltà al lavoro quotidiano,
destaci dal torpore della pigrizia, della meschinità e del disfattismo.

Rivesti i Pastori di quella compassione che unifica e integra:
scopriremo la gioia di una Chiesa serva, umile e fraterna.

Madre della tenerezza, che avvolge di pazienza e di misericordia,
aiutaci a bruciare tristezze, impazienze e rigidità di chi non conosce appartenenza.

Intercedi presso tuo Figlio perché siano agili le nostre mani, i nostri piedi e i nostri cuori:
edificheremo la Chiesa con la verità nella carità.

Madre, saremo il Popolo di Dio, pellegrinante verso il Regno. Amen.

FRANCESCO

mercoledì 22 maggio 2013

Francesco: viviamo con umiltà e coraggio il Vangelo!


Estratti della catechesi di Papa Francesco nell'Udienza generale di questa mattina, 22 maggio 2013.

* Senza la presenza e l’azione incessante dello Spirito Santo, la Chiesa non potrebbe vivere e non potrebbe realizzare il compito che Gesù risorto le ha affidato di andare e fare discepoli tutti i popoli (cfr Mt 28,18). 

* Evangelizzare è la missione della Chiesa, non solo di alcuni, ma la mia, la tua, la nostra missione. 

* Per evangelizzare, allora, è necessario ancora una volta aprirsi all'orizzonte dello Spirito di Dio, senza avere timore di che cosa ci chieda e dove ci guidi. Affidiamoci a Lui! Lui ci renderà capaci di vivere e testimoniare la nostra fede, e illuminerà il cuore di chi incontriamo. 

* Qui c’è un primo effetto importante dell’azione dello Spirito Santo che guida e anima l’annuncio del Vangelo: l’unità, la comunione

* La lingua dello Spirito, la lingua del Vangelo è la lingua della comunione, che invita a superare chiusure e indifferenza, divisioni e contrapposizioni

* Dovremmo chiederci tutti: come mi lascio guidare dallo Spirito Santo in modo che la mia vita e la mia testimonianza di fede sia di unità e di comunione? 

* Portare il Vangelo è annunciare e vivere noi per primi la riconciliazione, il perdono, la pace, l’unità e l’amore che lo Spirito Santo ci dona. 

* Ecco un altro effetto dell’azione dello Spirito Santo: il coraggio, di annunciare la novità del Vangelo di Gesù a tutti, con franchezza (parresia), a voce alta, in ogni tempo e in ogni luogo. 

* Viviamo con umiltà e coraggio il Vangelo! Testimoniamo la novità, la speranza, la gioia che il Signore porta nella vita. 

* ... una nuova evangelizzazione, una Chiesa che evangelizza deve partire sempre dalla preghiera, dal chiedere, come gli Apostoli nel Cenacolo, il fuoco dello Spirito Santo. 

* Senza la preghiera il nostro agire diventa vuoto e il nostro annunciare non ha anima, e non è animato dallo Spirito.

* Lasciamoci guidare da Lui, siamo uomini e donne di preghiera, che testimoniano con coraggio il Vangelo, diventando nel nostro mondo strumenti dell’unità e della comunione con Dio. Grazie.

FRANCESCO

martedì 21 maggio 2013

Francesco: amare il prossimo e lasciarsi amare dal prossimo


Stralci del discorso di Papa Francesco nella sua visita ai poveri della Casa "Dono di Maria" delle Suore Missionarie della Carità, 21 maggio 2013.

* La mia presenza questa sera vuole essere anzitutto un grazie sincero alle Missionarie della Carità, fondate dalla Beata Teresa di Calcutta, che operano qui da 25 anni, con numerosi volontari, in favore di tante persone bisognose di aiuto. Grazie di cuore! 

* Voi, care Suore, insieme ai Missionari della Carità e ai collaboratori, rendete visibile l’amore della Chiesa per i poveri. Con il vostro servizio quotidiano, siete – come dice un Salmo – la mano di Dio che sazia la fame di ogni vivente (cfr Sal 145,16). 

* In questi anni, quante volte vi siete chinati su chi ha bisogno, come il buon samaritano, l’avete guardato negli occhi, gli avete dato la mano per sollevarlo! Quante bocche avete sfamato con pazienza e dedizione! Quante ferite, specialmente spirituali, avete fasciato! 

* Ancora più profondamente, “casa” è una parola dal sapore tipicamente familiare, che richiama il calore, l’affetto, l’amore che si possono sperimentare in una famiglia

* La “casa” allora rappresenta la ricchezza umana più preziosa, quella dell’incontro, quella delle relazioni tra le persone, diverse per età, per cultura e per storia, ma che vivono insieme e che insieme si aiutano a crescere. 

* Proprio per questo, la “casa” è un luogo decisivo nella vita, dove la vita cresce e si può realizzare, perché è un luogo in cui ogni persona impara a ricevere amore e a donare amore. 

* Voi ci dite che amare Dio e il prossimo non è qualcosa di astratto, ma di profondamente concreto: vuol dire vedere in ogni persona il volto del Signore da servire, e servirlo concretamente. E voi siete, cari fratelli e sorelle, il volto di Gesù. Grazie! 

* Dobbiamo recuperare tutti il senso del dono, della gratuità, della solidarietà

* Un capitalismo selvaggio ha insegnato la logica del profitto ad ogni costo, del dare per ottenere, dello sfruttamento senza guardare alle persone… e i risultati li vediamo nella crisi che stiamo vivendo! 

* Questa Casa è un luogo che educa alla carità, una “scuola” di carità, che insegna ad andare incontro ad ogni persona, non per profitto, ma per amore. La musica - diciamolo così - di questa Casa è l’amore. 

* Maria è un esempio e uno stimolo per coloro che vivono in questa Casa, e per tutti noi, a vivere la carità verso il prossimo non per una sorta di dovere sociale, ma partendo dall’amore di Dio, dalla carità di Dio. 

* Qui si cerca di amare il prossimo, ma anche di lasciarsi amare dal prossimo. Questi due atteggiamenti camminano assieme, non può esserci l’uno, se non c’è anche l’altro.

FRANCESCO

giovedì 16 maggio 2013

Francesco: tornare all'etica per una sana convivenza tra la sfera economica e quella sociale

Ampi estratti del discorso che Papa Francesco ha rivolto questa mattina agli Ambasciatori di Kyrgyzstan, Antigua e Barbuda, Lussemburgo, Botswana in occasione della Presentazione delle Lettere Credenziali, 16 maggio 2013.


* (...) l’umanità vive in questo momento come un tornante della propria storia, considerati i progressi registrati in vari ambiti. Dobbiamo lodare i risultati positivi che concorrono all’autentico benessere dell’umanità, ad esempio nei campi della salute, dell’educazione e della comunicazione. 

* Tuttavia, va anche riconosciuto che la maggior parte degli uomini e delle donne del nostro tempo continuano a vivere in una precarietà quotidiana con conseguenze funeste

* Alcune patologie aumentano, con le loro conseguenze psicologiche; la paura e la disperazione prendono i cuori di numerose persone, anche nei Paesi cosiddetti ricchi; la gioia di vivere va diminuendo; l’indecenza e la violenza sono in aumento; la povertà diventa più evidente. Si deve lottare per vivere, e spesso per vivere in modo non dignitoso. 

* Una delle cause di questa situazione, a mio parere, sta nel rapporto che abbiamo con il denaro, nell’accettare il suo dominio su di noi e sulle nostre società. Così la crisi finanziaria che stiamo attraversando ci fa dimenticare la sua prima origine, situata in una profonda crisi antropologica. Nella negazione del primato dell’uomo! Abbiamo creato nuovi idoli

* L’adorazione dell’antico vitello d’oro (cfr Es 32,15-34) ha trovato una nuova e spietata immagine nel feticismo del denaro e nella dittatura dell’economia senza volto né scopo realmente umano.

* La crisi mondiale che tocca la finanza e l’economia sembra mettere in luce le loro deformità e soprattutto la grave carenza della loro prospettiva antropologica, che riduce l’uomo a una sola delle sue esigenze: il consumo

* E peggio ancora, oggi l’essere umano è considerato egli stesso come un bene di consumo che si può usare e poi gettare. Abbiamo incominciato questa cultura dello scarto. Questa deriva si riscontra a livello individuale e sociale; e viene favorita! 

* In un tale contesto, la solidarietà, che è il tesoro dei poveri, è spesso considerata controproducente, contraria alla razionalità finanziaria ed economica. 

* Mentre il reddito di una minoranza cresce in maniera esponenziale, quello della maggioranza si indebolisce. Questo squilibrio deriva da ideologie che promuovono l’autonomia assoluta dei mercati e la speculazione finanziaria, negando così il diritto di controllo agli Stati pur incaricati di provvedere al bene comune. 

* Si instaura una nuova tirannia invisibile, a volte virtuale, che impone unilateralmente e senza rimedio possibile le sue leggi e le sue regole. Inoltre, l’indebitamento e il credito allontanano i Paesi dalla loro economia reale ed i cittadini dal loro potere d’acquisto reale. 

* A ciò si aggiungono, oltretutto, una corruzione tentacolare e un’evasione fiscale egoista che hanno assunto dimensioni mondiali. La volontà di potenza e di possesso è diventata senza limiti.

* Dietro questo atteggiamento si nasconde il rifiuto dell’etica, il rifiuto di Dio. Proprio come la solidarietà, l’etica dà fastidio! È considerata controproducente: come troppo umana, perché relativizza il denaro e il potere; come una minaccia, perché rifiuta la manipolazione e la sottomissione della persona. 

* Perché l’etica conduce a Dio, il quale si pone al di fuori delle categorie del mercato. 

* Dio è considerato da questi finanzieri, economisti e politici, come non gestibile, Dio non gestibile, addirittura pericoloso perché chiama l’uomo alla sua piena realizzazione e all’indipendenza da ogni genere di schiavitù

* L’etica – un’etica non ideologica naturalmente – permette, a mio parere, di creare un equilibrio e un ordine sociale più umani.

* Sarebbe auspicabile realizzare una riforma finanziaria che sia etica e che produca a sua volta una riforma economica salutare per tutti. Questa tuttavia richiederebbe un coraggioso cambiamento di atteggiamento dei dirigenti politici. Li esorto ad affrontare questa sfida, con determinazione e lungimiranza, tenendo conto naturalmente della peculiarità dei loro contesti. 

* Il denaro deve servire e non governare! Il Papa ama tutti, ricchi e poveri; ma il Papa ha il dovere, in nome di Cristo, di ricordare al ricco che deve aiutare il povero, rispettarlo, promuoverlo. 

* Il Papa esorta alla solidarietà disinteressata e a un ritorno dell’etica in favore dell’uomo nella realtà finanziaria ed economica.

* La Chiesa, da parte sua, lavora sempre per lo sviluppo integrale di ogni persona. In questo senso, essa ricorda che il bene comune non dovrebbe essere una semplice aggiunta, un semplice schema concettuale di qualità inferiore inserito nei programmi politici. 

* La Chiesa incoraggia i governanti ad essere veramente al servizio del bene comune delle loro popolazioni. Esorta i dirigenti delle realtà finanziarie a prendere in considerazione l’etica e la solidarietà. 

* E perché non potrebbero rivolgersi a Dio per ispirare i propri disegni? Si formerà allora una nuova mentalità politica ed economica che contribuirà a trasformare la dicotomia assoluta tra la sfera economica e quella sociale in una sana convivenza.

FRANCESCO

Testo integrale del discorso

mercoledì 8 maggio 2013

Francesco: il dono dello Spirito Santo, 'acqua viva' per ogni cristiano

Estratti della Catechesi di Papa Francesco nell'Udienza Generale di mercoledì 8 maggio 2013.


* La prima verità a cui aderiamo nel Credo è che lo Spirito Santo è Kýrios, Signore. Ciò significa che Egli è veramente Dio come lo sono il Padre e il Figlio, oggetto, da parte nostra, dello stesso atto di adorazione e di glorificazione che rivolgiamo al Padre e al Figlio.

* Lo Spirito Santo, infatti, è la terza Persona della Santissima Trinità; è il grande dono del Cristo Risorto che apre la nostra mente e il nostro cuore alla fede in Gesù come il Figlio inviato dal Padre e che ci guida all’amicizia, alla comunione con Dio.

* L’uomo di tutti i tempi e di tutti i luoghi desidera una vita piena e bella, giusta e buona, una vita che non sia minacciata dalla morte, ma che possa maturare e crescere fino alla sua pienezza.

* L’uomo è come un viandante che, attraversando i deserti della vita, ha sete di un’acqua viva, zampillante e fresca, capace di dissetare in profondità il suo desiderio profondo di luce, di amore, di bellezza e di pace. Tutti sentiamo questo desiderio! E Gesù ci dona quest’acqua viva: essa è lo Spirito Santo, che procede dal Padre e che Gesù riversa nei nostri cuori.

* Quando noi diciamo che il cristiano è un uomo spirituale intendiamo proprio questo: il cristiano è una persona che pensa e agisce secondo Dio, secondo lo Spirito Santo.

* L’“acqua viva”, lo Spirito Santo, Dono del Risorto che prende dimora in noi, ci purifica, ci illumina, ci rinnova, ci trasforma perché ci rende partecipi della vita stessa di Dio che è Amore.

* Questo è il dono prezioso che lo Spirito Santo porta nei nostri cuori: la vita stessa di Dio, vita di veri figli, un rapporto di confidenza, di libertà e di fiducia nell’amore e nella misericordia di Dio, che ha come effetto anche uno sguardo nuovo verso gli altri, vicini e lontani, visti sempre come fratelli e sorelle in Gesù da rispettare e da amare.

* Lo Spirito Santo ci insegna a guardare con gli occhi di Cristo, a vivere la vita come l’ha vissuta Cristo, a comprendere la vita come l’ha compresa Cristo.

* E noi, ascoltiamo lo Spirito Santo? Cosa ci dice lo Spirito Santo? Dice: Dio ti ama. Ci dice questo. Dio ti ama, Dio ti vuole bene.

* Lasciamoci guidare dallo Spirito Santo, lasciamo che Lui ci parli al cuore e ci dica questo: che Dio è amore, che Dio ci aspetta, che Dio è il Padre, ci ama come vero Papà, ci ama veramente e questo lo dice soltanto lo Spirito Santo al cuore.

* Sentiamo lo Spirito Santo, ascoltiamo lo Spirito Santo e andiamo avanti per questa strada dell'amore, della misericordia e del perdono. Grazie.

FRANCESCO

Testo integrale della Catechesi

domenica 5 maggio 2013

Francesco: ogni nostra attività sia testimonianza luminosa della misericordia e dell'amore di Dio

Estratti dell'omelia di Papa Francesco durante la Santa Messa con le Confraternite ricevute nell'Anno della Fede, 5 maggio 2013.

* Chi ama il Signore Gesù accoglie in sé Lui e il Padre e grazie allo Spirito Santo accoglie nel proprio cuore e nella propria vita il Vangelo. Qui ci è indicato il centro da cui tutto deve partire e a cui tutto deve condurre: amare Dio, essere discepoli di Cristo vivendo il Vangelo. 

* Benedetto XVI rivolgendosi a voi, ha usato questa parola: evangelicità. Care Confraternite, la pietà popolare, di cui voi siete un’importante manifestazione è un tesoro che ha la Chiesa e che i Vescovi latinoamericani hanno definito, in modo significativo, come una spiritualità, una mistica, che è uno «spazio di incontro con Gesù Cristo». 

* Attingete sempre a Cristo, sorgente inesauribile, rafforzate la vostra fede, curando la formazione spirituale, la preghiera personale e comunitaria, la liturgia. 

* Camminate con decisione verso la santità; non accontentatevi di una vita cristiana mediocre, ma la vostra appartenenza sia di stimolo, anzitutto per voi, ad amare di più Gesù Cristo. 

* La pietà popolare è una strada che porta all’essenziale se è vissuta nella Chiesa in profonda comunione con i vostri Pastori. Cari fratelli e sorelle, la Chiesa vi vuole bene! Siate una presenza attiva nella comunità come cellule vive, pietre viventi. 

* (...) E’ bello questo! Una modalità legittima di vivere la fede, un modo di sentirsi parte della Chiesa. Amate la Chiesa! Lasciatevi guidare da essa! Nelle parrocchie, nelle diocesi, siate un vero polmone di fede e di vita cristiana, un’aria fresca! 

*Voi avete una missione specifica e importante, che è quella di tenere vivo il rapporto tra la fede e le culture dei popoli a cui appartenete, e lo fate attraverso la pietà popolare. 

* (...) quando manifestate la profonda devozione per la Vergine Maria, voi indicate la più alta realizzazione dell’esistenza cristiana, Colei che per la sua fede e la sua obbedienza alla volontà di Dio, come pure per la sua meditazione della Parola e delle azioni di Gesù, è la discepola perfetta del Signore. 

* Quando voi andate ai santuari, quando portate la famiglia, i vostri figli, voi state facendo proprio un’azione di evangelizzazione. Bisogna andare avanti così! Siate anche voi veri evangelizzatori! Le vostre iniziative siano dei "ponti", delle vie per portare a Cristo, per camminare con Lui. 

* Evangelicità, ecclesialità, missionarietà. Tre parole! Non dimenticarle! Evangelicità, ecclesialità, missionarietà. Chiediamo al Signore che orienti sempre la nostra mente e il nostro cuore verso di Lui, come pietre vive della Chiesa, perché ogni nostra attività, tutta la nostra vita cristiana sia una testimonianza luminosa della sua misericordia e del suo amore. 

FRANCESCO

TESTO INTEGRALE DELL'OMELIA

sabato 4 maggio 2013

Francesco: Maria ci aiuta a crescere, ad affrontare la vita, ad essere liberi

Estratti della meditazione di Papa Francesco al termine della recita del Santo Rosario nella Basilica di Santa Maria Maggiore, 4 maggio 2013.

* Sì, perché Maria ci dona la salute, è la nostra salute. (...) Maria è madre, e una madre si preoccupa soprattutto della salute dei suoi figli, sa curarla sempre con grande e tenero amore. La Madonna custodisce la nostra salute

* Che cosa vuol dire questo? Penso soprattutto a tre aspetti: ci aiuta a crescere, ad affrontare la vita, ad essere liberi.

* La Madonna fa proprio questo con noi, ci aiuta a crescere umanamente e nella fede, ad essere forti e non cedere alla tentazione dell’essere uomini e cristiani in modo superficiale, ma a vivere con responsabilità, a tendere sempre più in alto.* Maria ha vissuto molti momenti non facili nella sua vita, dalla nascita di Gesù, quando «per loro non c’era posto nell’alloggio» (Lc 2,7), fino al Calvario: (cfr Gv 19,25). E come una buona madre ci è vicina, perché non perdiamo mai il coraggio di fronte alle avversità della vita, di fronte alla nostra debolezza, di fronte ai nostri peccati: ci dà forza, ci indica il cammino di suo Figlio. 

* (...) il Signore ci affida nelle mani piene di amore e di tenerezza della Madre, perché sentiamo il suo sostegno nell’affrontare e vincere le difficoltà del nostro cammino umano e cristiano.

* La libertà ci è donata perché sappiamo fare scelte buone nella vita! Maria da buona madre ci educa ad essere, come Lei, capaci di fare scelte definitive, con quella libertà piena con cui ha risposto "sì" al piano di Dio sulla sua vita (cfr Lc 1,38).

* Cari fratelli e sorelle, quanto è difficile, nel nostro tempo, prendere decisioni definitive! Ci seduce il provvisorio. Siamo vittime di una tendenza che ci spinge alla provvisorietà… come se desiderassimo rimanere adolescenti per tutta la vita! 

* Non abbiamo paura degli impegni definitivi, degli impegni che coinvolgono e interessano tutta la vita! In questo modo la nostra vita sarà feconda!

* Tutta l’esistenza di Maria è un inno alla vita, un inno di amore alla vita: ha generato Gesù nella carne ed ha accompagnato la nascita della Chiesa sul Calvario e nel Cenacolo. La Salus Populi Romani è la mamma che ci dona la salute nella crescita, nell’affrontare e superare i problemi, nel renderci liberi per le scelte definitive; la mamma che ci insegna ad essere fecondi, ad essere aperti alla vita e ad essere sempre fecondi di bene, di gioia, di speranza, a donare vita agli altri, vita fisica e spirituale.

FRANCESCO

giovedì 2 maggio 2013

Francesco e Benedetto XVI: la foto del giorno, insieme nella preghiera


mercoledì 1 maggio 2013

Francesco: la dignità del lavoro e l'importanza di pregare il Rosario in famiglia


Estratti della Catechesi di Papa Francesco nell'Udienza generale del 1º maggio 2013.

* Gesù entra nella nostra storia, viene in mezzo a noi, nascendo da Maria per opera di Dio, ma con la presenza di san Giuseppe, il padre legale che lo custodisce e gli insegna anche il suo lavoro. 

* Questo ci richiama alla dignità e all’importanza del lavoro. (...) Il lavoro fa parte del piano di amore di Dio; noi siamo chiamati a coltivare e custodire tutti i beni della creazione e in questo modo partecipiamo all’opera della creazione! 

* Il lavoro è un elemento fondamentale per la dignità di una persona. Il lavoro, per usare un’immagine, ci "unge" di dignità, ci riempie di dignità; ci rende simili a Dio, che ha lavorato e lavora, agisce sempre (cfr Gv 5,17); dà la capacità di mantenere se stessi, la propria famiglia, di contribuire alla crescita della propria Nazione. 

* E qui penso alle difficoltà che, in vari Paesi, incontra oggi il mondo del lavoro e dell’impresa; penso a quanti, e non solo giovani, sono disoccupati, molte volte a causa di una concezione economicista della società, che cerca il profitto egoista, al di fuori dei parametri della giustizia sociale.

* E poi vorrei rivolgermi in particolare a voi ragazzi e ragazze a voi giovani: impegnatevi nel vostro dovere quotidiano, nello studio, nel lavoro, nei rapporti di amicizia, nell’aiuto verso gli altri; il vostro avvenire dipende anche da come sapete vivere questi preziosi anni della vita. Non abbiate paura dell’impegno, del sacrificio e non guardate con paura al futuro; mantenete viva la speranza: c’è sempre una luce all’orizzonte.


* Chiedo ai fratelli e sorelle nella fede e a tutti gli uomini e donne di buona volontà una decisa scelta contro la tratta delle persone, all’interno della quale figura il "lavoro schiavo".

* Nel silenzio dell’agire quotidiano, san Giuseppe, insieme a Maria, hanno un solo centro comune di attenzione: Gesù

* Per ascoltare il Signore, bisogna imparare a contemplarlo, a percepire la sua presenza costante nella nostra vita; bisogna fermarsi a dialogare con Lui, dargli spazio con la preghiera. 

* Fin da quando eravamo piccoli, i nostri genitori ci hanno abituati ad iniziare e a terminare la giornata con una preghiera, per educarci a sentire che l’amicizia e l’amore di Dio ci accompagnano. Ricordiamoci di più del Signore nelle nostre giornate!

* E in questo mese di maggio, vorrei richiamare all’importanza e alla bellezza della preghiera del santo Rosario. Recitando l'Ave Maria, noi siamo condotti a contemplare i misteri di Gesù, a riflettere cioè sui momenti centrali della sua vita, perché, come per Maria e per san Giuseppe, Egli sia il centro dei nostri pensieri, delle nostre attenzioni e delle nostre azioni. 

* Sarebbe bello se, soprattutto in questo mese di maggio, si recitasse assieme in famiglia, con gli amici, in Parrocchia, il santo Rosario o qualche preghiera a Gesù e alla Vergine Maria! La preghiera fatta assieme è un momento prezioso per rendere ancora più salda la vita familiare, l’amicizia! Impariamo a pregare di più in famiglia e come famiglia!

FRANCESCO

IL TESTO INTEGRALE DELLA CATECHESI

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