"Abbiamo visto che la Chiesa anche oggi benché soffra tanto, come sappiamo, tuttavia è una Chiesa gioiosa, non è una Chiesa invecchiata, ma abbiamo visto che la Chiesa è giovane e che la fede crea gioia" (Benedetto XVI, 29 luglio 2010)

lunedì 29 agosto 2016

Nuovi media e vecchi tic: i rischi in agguato per chi naviga in Rete


Con l'avvento dei cosiddetti nuovi media ci siamo incamminati in una “evoluzione mediatica” che ha assunto una velocità elevata negli ultimi anni e che, insieme all’innovazione, ha forse portato anche un po’ di confusione, e sicuramente smarrimento, soprattutto in chi era abituato a processi più lenti e cambiamenti meno travolgenti.

Di che si tratta?

Quando parliamo di nuovi media o media digitali ci riferiamo sostanzialmente a quei mezzi di comunicazione che hanno una correlazione con la tecnologia informatica e si sono sviluppati proprio in conseguenza della sua nascita e diffusione. Questi moderni mezzi si servono, insomma, del contesto digitale e spostano (ampliandola) la prassi comunicativa dal modello unidirezionale o univoco e bidirezionale o molteplice a quello collettivo (many-to-many), favorendo così una simultaneità di conoscenze e di esperienze che vengono condivise, attraverso gli strumenti tecnici appunto.

Quando diciamo “digitale” ci riferiamo al codice digitale, e quindi alle rappresentazioni numeriche che hanno in comune l’uso del computer o di altri sistemi digitali i quali, “mescolando” bit, permettono di partecipare al processo della comunicazione. Tale “mescolamento” è ciò che definisce anche le principali caratteristiche dei nuovi media.

Tra queste è possibile evidenziare, ad esempio, l’elemento di velocità nella trasmissione e comunicazione a distanza; la portata geografica e demografica, e con essa l’accesso illimitato, quantomeno potenziale; l’accuratezza (anch’essa almeno potenziale) dell’informazione trasmessa; la mancanza di limiti spazio-temporali; l’elevato grado di partecipazione; l’interattività, cioè la possibilità di interagire in maniera veloce con testi digitali; la convergenza tra strumenti o tecnologie diversi; il potenziale di memoria, ossia la capacità di conservare le informazioni per una consultazione successiva; l’automazione e così via.

Ambienti di fruizione d'informazione e luoghi di formazione

Ci sembra sbagliato definire un elenco di “nuovi media”, perché significherebbe creare una cesura netta proprio tra “vecchio” e “nuovo” che in realtà l’innovazione tecnologica non realizza. Piuttosto, la novità sta nel perfezionamento delle tecnologie tradizionali non solo da un punto di vista estetico ma anche delle funzionalità offerte.

In sostanza, quello che i nuovi media apportano è l’inclusione di alcune componenti, che migliorano e implementano le caratteristiche dei mezzi tradizionali: pensiamo ad esempio alla TV o all’apparecchio telefonico e come la funzione principale sia comunque preservata, pur affiancata da nuove funzionalità, e generalmente migliorata. Pensiamo anche a come Internet ingloba dentro di sé i tradizionali stampa, radio, televisione e cinema, offrendo un insieme di servizi un tempo impensabili.

Resta chiaro che i media digitali sono diventati degli ambienti di fruizione d’informazione e spazi alternativi alla realtà quotidiana per momenti di svago e tempo libero, ma anche “luogo” di formazione e approfondimento dai quali è ormai impossibile prescindere.
C'è un "però", e sono i rischi in agguato che non si possono ignorare e che aiutano ad assumere un ruolo consapevole della propria presenza nella Rete. Conoscere quali sono i rischi a cui andiamo incontro ci aiuta a impostare meglio il contributo che ciascuno di noi vuole e può dare attraverso i social.

I rischi in agguato: superficialità, overdose informativa, confusione...

Oltre ad essere uno stimolo a esplorare nuovi modi di ideare e fruire storie e accadimenti, che vengono poi diramati attraverso le piattaforme tecnologiche, ci sono delle prassi, nel nuovo sistema mediatico, che di fatto possono comprometterne le finalità o quantomeno il risultato complessivo.

Il rischio più in agguato di tutti è fuor di dubbio la superficialità. Proprio per il modo in cui questi moderni mezzi di comunicazione tecnologica sono concepiti – velocità, immediatezza, concisione (vedi Twitter) –, permettono di cadere nel rischio della semplificazione eccessiva dei contenuti, e di conseguenza del proprio “messaggio”, che può giungere monco o addirittura alterato. Si dirà, ed è vero, che è tipico di questo meccanismo comunicativo il fatto di “rendere tutto più semplice”, ma il legittimo (e a questo punto quasi doveroso) desiderio di “semplificare i concetti” non deve trasformarsi in un’operazione sbrigativa, frettolosa, generica o approssimativa, che sono appunto sinonimi di qualcosa realizzata in maniera semplicistica e perciò superficiale.

Un altro rischio da tener presente è quello della overdose (dis)informativa. Le informazioni sono, come sappiamo, il contenuto per eccellenza che circola in Rete: dall’immissione alla fruizione, è un continuo “navigare” e “approdare” nei porti di ogni latitudine e durante tutto l’arco della giornata. Eppure, molto spesso, alla circolazione di così tante informazioni non corrisponde un’altrettanta adeguata assunzione informativa da parte delle persone.

Saranno pure “informazioni” quelle che circolano, ma ciò che spesso a noi giunge è una babele di dati, opinioni, commenti, sviamenti che ci saziano ma non ci apportano alcunché di “formativo”. Per dirla in termini mangerecci, dopo tutta questa “scorpacciata”, molto spesso sappiamo meno cose di prima, in maniera errata o addirittura opposta all’input iniziale, che è andato smarrito nella lunga, agitata e tempestosa traversata comunicativa.

A questo punto è chiaro che al destinatario finale non è giunto altro che una disinformazione, o per meglio dire una non-informazione, perché l’informazione o c’è, è vera ed è stata acquisita, oppure non è mai esistita.

Collegato ai precedenti, c’è un ultimo consistente rischio, che si spiega da solo ed è conseguenza sia della superficialità che dell’overdose informativa, ed è la confusione. Confuso è il messaggio che arriva a destinazione, che nel frattempo si è sminuito o spezzettato (semplificato) per rispondere ai canoni della nuova comunicazione tecnologica; ugualmente confusi restano i destinatari di tutte queste informazioni, trovandosi di fronte ad un panorama talmente esteso e variegato che non riescono in alcun modo a mettere a fuoco.
La stessa confusione è carburante per la ripartenza di tutto il processo (superficialità-overdose-confusione), e così all’infinito, se non s’interviene per tempo.

Altri rischi (partigianeria, strumentalizzazione, persuasione negativa, ecc.), che non hanno bisogno di commento, sono in un certo senso figli di questi principali che abbiamo esposto, e perciò frutto di una cattiva comprensione del mezzo o di una mancata vigilanza e capacità di stare al di sopra dei fenomeni, per poterli controllare e meglio gestire.

Per un approfondimento di questi concetti rimando al libro La missione digitale, che ho curato insieme al collega Bruno Mastroianni. In un post successivo spiegherò come ovviare a questi rischi e impostare una presenza in Rete significativa e di qualità, che possa servire al bene comune.

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