"Abbiamo visto che la Chiesa anche oggi benché soffra tanto, come sappiamo, tuttavia è una Chiesa gioiosa, non è una Chiesa invecchiata, ma abbiamo visto che la Chiesa è giovane e che la fede crea gioia" (Benedetto XVI, 29 luglio 2010)

venerdì 20 settembre 2013

Francesco: La Chiesa, l'uomo, le sue ferite

Per gentile concessione di "Civiltà Cattolica" pubblichiamo il testo integrale dell'intervista del direttore padre Antonio Spadaro a Papa Francesco (AVVENIRE).

Santa Marta, lunedì 19 agosto ore 9,50


È lunedì 19 agosto. Papa Francesco mi ha dato appuntamento alle 10,00 in Santa Marta. Io però eredito da mio padre la necessità di arrivare sempre in anticipo. Le persone che mi accolgono mi fanno accomodare in una saletta. L’attesa dura poco, e dopo un paio di minuti vengo accompagnato a prendere l’ascensore. Nei due minuti ho avuto il tempo di ricordare quando a Lisbona, in una riunione di direttori di alcune riviste della Compagnia di Gesù, era emersa la proposta di pubblicare tutti insieme un’intervista al Papa. Avevo discusso con gli altri direttori, ipotizzando alcune domande che esprimessero gli interessi di tutti. Esco dall’ascensore e vedo il Papa già sulla porta ad attendermi. Anzi, in realtà, ho avuto la piacevole impressione di non aver varcato porte.

Entro nella sua stanza e il Papa mi fa accomodare su una poltrona. Lui si siede su una sedia più alta e rigida a causa dei suoi problemi alla schiena. L’ambiente è semplice, austero. Lo spazio di lavoro della scrivania è piccolo. Sono colpito dalla essenzialità non solamente degli arredi, ma anche delle cose. Ci sono pochi libri, poche carte, pochi oggetti. Tra questi un’icona di San Francesco, una statua di Nostra Signora di Luján, Patrona dell’Argentina, un crocifisso e una statua di san Giuseppe dormiente, molto simile a quella che avevo visto nella sua camera di rettore e superiore provinciale presso ilColegio Máximo di San Miguel. La spiritualità di Bergoglio non è fatta di «energie armonizzate», come le chiamerebbe lui, ma di volti umani: Cristo, san Francesco, san Giuseppe, Maria.

Il Papa mi accoglie col sorriso che ormai ha fatto più volte il giro del mondo e che apre i cuori. Cominciamo a parlare di tante cose, ma soprattutto del suo viaggio in Brasile. Il Papa lo considera una vera grazia. Gli chiedo se si è riposato. Lui mi dice di sì, che sta bene, ma soprattutto che la Giornata Mondiale della Gioventù è stata per lui un «mistero». Mi dice che non è mai stato abituato a parlare a tanta gente: «Io riesco a guardare le singole persone, una alla volta, a entrare in contatto in maniera personale con chi ho davanti. Non sono abituato alle masse». Gli dico che è vero, e che si vede, e che questo colpisce tutti. Si vede che, quando lui è in mezzo alla gente, i suoi occhi in realtà si posano sui singoli. Poi le telecamere proiettano le immagini e tutti possono vederle, ma così lui può sentirsi libero di restare in contatto diretto, almeno oculare, con chi ha davanti a sé. Mi sembra contento di questo, cioè di poter essere quel che è, di non dover alterare il suo modo ordinario di comunicare con gli altri, anche quando ha davanti a sé milioni di persone, come è accaduto sulla spiaggia di Copacabana.

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