"La nostra origine non è l'irrazionale e la necessità, ma la ragione e l'amore e la libertà". Il mondo, perciò, "non è un insieme di forze tra loro contrastanti" ma si fonda proprio su questa "Ragione eterna di Dio", che continua a sorreggerlo. Credere in questa razionalità, inoltre, "illumina ogni aspetto dell'esistenza e dà il coraggio di affrontare con fiducia e con speranza l'avventura della vita". Benedetto XVI ha sintetizzato con queste parole, attingendo ampiamente dalla Sacra Scrittura, l'origine del mondo e dell'umanità per opera del suo Creatore, commentando il passo successivo del Credo - "Creatore del cielo e della terra" - nel ciclo di catechesi dedicato all'Anno della fede che tiene nell'Udienza del mercoledì.
"Nella bellezza della creazione si dispiega la sua onnipotenza di Padre che ama" - un Padre buono, amorevole e fedele - e si dischiude un "appello alla fede di noi credenti" per proclamarlo come tale. La fede, infatti, implica "di saper riconoscere l'invisibile individuandone la traccia nel mondo visibile". Tuttavia, per "leggere il grande libro della natura e intenderne il linguaggio" è necessario ricorrere alla "Parola di rivelazione", contenuta nella Bibbia.
Il testo sacro, lungi da essere "un manuale di scienze naturali" è l'unico in grado di "far comprendere la verità autentica e profonda delle cose", e cioè che tutto ciò che Dio ha creato "è bello e buono, intriso di sapienza e di amore", ordinato e armonico.
Al vertice di questa creazione ci sono "l'uomo e la donna", "un'unica umanità plasmata con l'unica terra di Dio", "al di là delle distinzioni operate dalla cultura e dalla storia" e di ogni differenza sociale. Tutti, poi, "portiamo in noi l'alito vitale di Dio", ed è qui che si colloca "la ragione più profonda dell'inviolabilità della dignità umana" contro quegli interessi "utilitaristici e di potere". L'uomo, in sostanza, "non è chiuso in se stesso, ma ha un riferimento essenziale in Dio".
Il Papa ha anche affrontato il problema della tentazione e del peccato, che il Libro della Genesi raffigura con il serpente, per dire che quando l'uomo decide di costruirsi da solo "il mondo in cui vivere, di non accettare i limiti dell'essere creatura, i limiti del bene e del male, della moralità" e quando Dio diventa "un peso di cui liberarsi", sta praticamente rinnegando "la sua origine e dunque la sua verità", permettendo al male di entrare nella storia "con la sua penosa catena di dolore e di morte".
Tutto questo insegna anche che "il peccato genera peccato e tutti i peccati della storia sono legati tra di loro", perché l'essere umano "è relazione", e se "la relazione con Dio" viene distrutta sin dall'inizio, "anche gli altri poli della relazione" vengono "compromessi o distrutti" e perciò viene intaccata e ferita la stessa natura umana.
Giovanni Tridente
giovedì 7 febbraio 2013
Benedetto XVI: ragione, amore e libertà alla base dell'origine dell'uomo
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benedetto xvi
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